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Fatti e libri

Il DNA di Gabriele D’Annunzio e L’innocente

a cura di Bruno Elpis

Una recente notizia porta alla ribalta Gabriele D’Annunzio, poeta, drammaturgo e romanziere, protagonista indiscusso del decadentismo italiano e della vita politica e mondana del primo novecento.

Come descritto nell’articolo qui linkato, i Ris di Cagliari hanno ricostruito il suo DNA sulla base dei residui biologici individuati su alcuni oggetti appartenuti al poeta: un fazzoletto bianco con tracce di sperma, le lettere scritte dalla contessa Olga Levi Brunner, sua amante, uno spazzolino da denti in avorio e setole naturali.
Per consentire di testare il risultato ottenuto, il pronipote Federico d’Annunzio, discendente in linea diretta dell’artista che ha magicamente celebrato “L’onda”, ha accettato di sottoporsi al prelievo del DNA tramite tampone salivare.

Nel riportare questa notizia, oltre al testo della sopra nominata lirica tratta dall’Alcyone, riproponiamo il commento di i-libri.com a “L’innocente” (cliccando sul titolo sarete indirizzati all’articolo di Marika), opere nelle quali – in senso metaforico – è parimenti rinvenibile il DNA di Gabriele d’Annunzio (Io credevo che per me potesse tradursi in realtà il sogno di tutti gli uomini intellettuali: essere costantemente infedele a una donna costantemente fedele”).

E, visto che cataloghiamo il presente intervento anche nella rubrica “Dal libro al film”, ricordiamo che nel 1976 Visconti trasse da “L’innocente”, il secondo dei Romanzi della Rosa (la trilogia comprende anche “Il piacere” e “Il trionfo della morte”), un film che ebbe come protagonista la recentemente scomparsa Laura Antonelli, un film nel quale il regista cambiò il finale della storia dannunziana…

Bruno Elpis

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L’Onda

Nella cala tranquilla
scintilla,
intesto di scaglia
come l’antica
lorica
del catafratto,
il Mare.
Sembra trascolorare.
S’argenta? S’oscura?
A un tratto
come colpo dismaglia
l’arme, la forza
del vento l’intacca.
Non dura.
Nasce l’onda fiacca,
sùbito s’ammorza.
Il vento rinforza.
Altra onda nasce,
si perde,
come agnello che pasce
pel verde:
un fiocco di spuma
che balza!
Ma il vento riviene,
rincalza, ridonda.
Altra onda s’alza,
nel suo nascimento
più lene
che ventre virginale!
Palpita, sale,
si gonfia, s’incurva,
s’alluma, propende.
Il dorso ampio splende
come cristallo;
la cima leggiera
s’arruffa
come criniera
nivea di cavallo.
Il vento la scavezza.
L’onda si spezza,
precipita nel cavo
del solco sonora;
spumeggia, biancheggia,
s’infiora, odora,
travolge la cuora,
trae l’alga e l’ulva;
s’allunga,
rotola, galoppa;
intoppa
in altra cui ‘l vento
diè tempra diversa;
l’avversa,
l’assalta, la sormonta,
vi si mesce, s’accresce.
Di spruzzi, di sprazzi,
di fiocchi, d’iridi
ferve nella risacca;
par che di crisopazzi
scintilli
e di berilli
viridi a sacca.
O sua favella!
Sciacqua, sciaborda,
scroscia, schiocca, schianta,
romba, ride, canta,
accorda, discorda,
tutte accoglie e fonde
le dissonanze acute
nelle sue volute
profonde,
libera e bella,
numerosa e folle,
possente e molle,
creatura viva
che gode
del suo mistero
fugace.
E per la riva l’ode
la sua sorella scalza
dal passo leggero
e dalle gambe lisce,
Aretusa rapace
che rapisce la frutta
ond’ha colmo suo grembo.
Sùbito le balza
il cor, le raggia
il viso d’oro.
Lascia ella il lembo,
s’inclina
al richiamo canoro;
e la selvaggia
rapina,
l’acerbo suo tesoro
oblìa nella melode.
E anch’ella si gode
come l’onda, l’asciutta
fura, quasi che tutta
la freschezza marina
a nembo
entro le giunga!

Musa, cantai la lode
della mia Strofe Lunga.

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