Abbiamo già commentato “Teorema” di Pier Paolo Pasolini, opera letteraria recentemente riedita da Garzanti.
Pubblichiamo oggi un commento al film che nel 1968 fu diretto dallo stesso Pasolini e prodotto da Franco Rossellini e Manolo Bolognini.
La Redazione di i-libri.com
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Quando uscì nelle sale “Teorema” di Pier Paolo Pasolini suscitò moltissime polemiche, non solo per il soggetto e per le immagini scabrose per l’epoca, ma anche per l’evidente attacco al mondo borghese e alle false ipocrisie sulle quali si basava il suo modus vivendi. Il film oggi appare assolutamente datato. Non credo si possa considerare tra quei capolavori che resistono al tempo come certe opere del neorealismo. Né si può dire che la critica sociale venga espressa con la maestria e la grandiosità di un Visconti. Qui siamo di fronte, io credo, a un’opera almeno in parte autobiografica, realizzata con la volontà di rappresentare il disagio e la sofferenza di chi si sente diverso e non riesce ad accettare se stesso né a farsi accettare.
Moltissime scene hanno una forte valenza simbolica, come quando la macchina da presa indugia sugli indumenti maschili intimi. L’arrivo dell’ospite giovane e attraente provoca in ogni membro della famiglia un tale sconvolgimento da causare in ciascuno una perdita di identità che non può risolversi che tragicamente. È un mondo privo di valori spirituali quello che Pasolini vuole rappresentare, un mondo fragile e frivolo. E all’eleganza spoglia degli interni della villa in cui si svolge l’azione, il regista contrappone esterni cementificati o campagne desolate intorno alla metropoli milanese. Un paesaggio che rispecchia l’animo dei personaggi. Ogni tanto vengono inserite immagini d’un luogo deserto e sabbioso in cui il vento solleva la sabbia. Qui io credo si sia voluta evocare un’idea di misticismo e religiosità. Non a caso la scena finale rappresenta proprio il ricco industriale capofamiglia, che, nudo, corre in questo deserto squarciando il silenzio con un urlo tremendo. Lo stesso Pasolini dichiarò alla rivista francese Qinzaine Littéraire: “Dio è lo scandalo. Il Cristo, se tornasse, sarebbe lo scandalo; lo è stato ai suoi tempi e lo sarebbe oggi. Il mio sconosciuto – interpretato da Terence Stamp, esplicitato dalla presenza della sua bellezza – non è Gesù inserito in un contesto attuale, non è neppure Eros identificato con Gesù; è il messaggero del Dio impietoso, di Jehovah che attraverso un segno concreto, una presenza misteriosa, toglie i mortali dalla loro falsa sicurezza. È il Dio che distrugge la buona coscienza, acquisita a poco prezzo, al riparo della quale vivono o piuttosto vegetano i benpensanti, i borghesi, in una falsa idea di se stessi“.
Anna Maria Balzano
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