Saggi

A che servono i Greci e i Romani?

Bettini Maurizio

Descrizione: Sempre più spesso a chi si occupa di discipline umanistiche in Italia viene chiesto: «A cosa serve?». Dietro questa domanda agisce una vera e propria rete di metafore economiche usate per rappresentare la sfera della cultura e della creazione intellettuale («giacimenti culturali», «offerta formativa», «spendibilità dei saperi», «crediti», «debiti» e cosí via). A fronte di tanta pervasività di immagini economiche, sta il fatto che la storia testimonia un’immagine della creazione intellettuale decisamente rovesciata rispetto a quella che si va affermando oggi. La civiltà infatti è prima di tutto una questione di pazienza: e anche la nostra si è sviluppata proprio in relazione al fatto che alla creazione culturale non si è chiesto immediatamente «a che cosa servisse». Se si vuole mantenere viva la presenza della cultura classica in Italia, però, è indispensabile un vero e proprio cambiamento di paradigma nell’insegnamento delle materie classiche nelle nostre scuole.

Categoria: Saggi

Editore: Einaudi

Collana: Vele

Anno: 2017

ISBN: 9788806233235

Recensito da Luigi Bianco

Le Vostre recensioni

Maurizio Bettini, A che servono i Greci e i Romani?

“La pratica della poesia contribuiva a suscitare nelle persone la fiducia nell’esistenza di un orizzonte altro, diverso da quello della banalità quotidiana, in cui iscrivere una profondità di penetrazione umana”

Consumismo abietto, utilitaristico, spregiudicato, cannibale: solo una piccola pennellata nel grande quadro della nostra società. Dalla fine del Secondo conflitto mondiale ad oggi il mondo è mutato, gli uomini trasformati, rigenerati e infine spodestati dalla loro condizione umana: la fine dell’emozione, l’inizio dell’«utile». E se tutto deve essere funzionale, pratico, utile per l’appunto, la domanda, tanto banale e infantile quanto giusta, ove il senso di giustizia è l’unico senso delle cose, appare scontata: A che servono i Greci e i Romani? A porsi la questione, in un mondo di verità fatue e infondate, è un vero Maestro: il classicista, filologo e scrittore Maurizio Bettini nel suo ultimo saggio edito da Einaudi. La provocazione è evidente già dal titolo: può mai servire la cultura, specie se collocata nella nostra società e se parliamo di cultura classica, dunque lontana e distante secoli dal nostro stile di vita? Risposta altrettanto evidente: assolutamente no, non serve a niente. Dunque l’argomento si fa spinoso. L’analisi però, chiara e trasparente, inizia fin dalle prime pagine: “la nozione di «servire a» – scrive Bettini – ha un carattere assolutamente relativo: tutto dipende dalla prospettiva di chi la usa e dalle necessità che si presentano”. La cultura – chiamiamola ora umanistica –  dunque, è il solo modo di uscire davvero da quadri mentali prestabiliti: una scelta che diviene sempre più indispensabile. Ma per capire e comprendere fino in fondo non basta studiare e apprendere la cultura così come appare, ma occorre una visione d’insieme della cultura stessa, una sua contestualizzazione. Ad oggi sono termini sempre più economici che costantemente la monopolizzano («patrimonio culturale», «offerta formativa», «valorizzazione», ecc), perché? E ancora: è così necessario continuare a parlare di «radici culturali», o è più giusto parlare di «memoria culturale», termine che ci mette nella condizione di dialogare davvero con la profonda diversità di popoli insieme lontani e vicini a noi? La civiltà da cui proveniamo era totalmente diversa da noi: un dato davvero fondamentale all’ombra della nostra cultura omologante e xenofoba. Fra moniti (smettiamola con la dilagante mania di attualizzare i classici!), riflessioni attuali (può mai essere una mera traduzione decontestualizzata la prova finale di un liceo classico?) e pensieri di altissimo gusto Bettini crea un’immersione non tanto all’interno della cultura classica, quanto all’interno di un’idea della stessa, un’idea sempre più indispensabile: è anche e soprattutto con i classici che dobbiamo costantemente dialogare, partire, ritornare e comprendere ciò che ci circonda. Laudamus veteres, sed nostris utimur annis.

In un libro di poco meno di 150 pagine, Bettini fornisce e trasmette al lettore tutta la sua passione, la sua gioia per la testimonianza e il suo trasporto emotivo (spesso anche duro e amaro) per una cultura che insieme ci appartiene ed è separata, una memoria culturale di cui abbiamo il dovere – prima che il diritto – di proteggere, preservare, portare avanti senza remore di sorta. Scritto in una lingua limpida e divulgativa, non per questo meno scientifica o ricca di fonti, questo saggio costituisce, a nostro avviso, una lettura fondamentale sia per studenti di ogni età o indirizzo che abbiano perso il senso e la bellezza dei propri studi, sia per professori e studiosi che sempre più devono oggi battersi affinché il mondo classico non sparisca e soccomba nell’oceano dell’inutile. L’insegnamento oggi conosce un’enorme crisi: l’istituzione scolastica, nell’organizzazione e nel metodo d’insegnamento, è antiquata, putrida, vigliaccamente statica e bendata di fronte a dati che registrano un significativo calo di iscrizioni al liceo classico anno dopo anno. È il momento dell’azione pratica, culturale e politica: se tutto resta così com’è, il liceo classico soccomberà e il latino verrà abolito dal liceo scientifico (o relegato ai primi due anni, ossia il mondo classico ricondotto alle cinque declinazioni e qualche congiuntivo). Questo libro può essere, insieme ad altri volumi di altrettanto valore culturale, un ottimo punto di partenza. A cosa serve tutto ciò? A nulla. Soltanto a “vivere una vita «degna» di essere vissuta”.

Luigi Bianco

A questo link il blog di Luigi Bianco

...

Leggi tutto

LEGGI COMMENTI ( Nessun commento )

Aggiungi un tuo commento

Scrivi la tua recensione

Devi effettuare il login per aggiungere un commento oppure registrati

Maurizio

Bettini

Libri dallo stesso autore

Intervista a Bettini Maurizio

A che ora muori?

Carabba Simone

Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, le scorribande in motorino e vive in perfetta simbiosi con il suo iPod. Le ore passate a scuola sono uno strazio, i professori "una specie protetta che speri si estingua definitivamente". Così, quando arriva un nuovo supplente di storia e filosofia, lui si prepara ad accoglierlo con cinismo e palline inzuppate di saliva. Ma questo giovane insegnante è diverso: una luce gli brilla negli occhi quando spiega, quando sprona gli studenti a vivere intensamente, a cercare il proprio sogno. Leo sente in sé la forza di un leone, ma c'è un nemico che lo atterrisce: il bianco. Il bianco è l'assenza, tutto ciò che nella sua vita riguarda la privazione e la perdita è bianco. Il rosso invece è il colore dell'amore, della passione, del sangue; rosso è il colore dei capelli di Beatrice. Perché un sogno Leo ce l'ha e si chiama Beatrice, anche se lei ancora non lo sa. Leo ha anche una realtà, più vicina, e, come tutte le presenze vicine, più difficile da vedere: Silvia è la sua realtà affidabile e serena. Quando scopre che Beatrice è ammalata e che la malattia ha a che fare con quel bianco che tanto lo spaventa, Leo dovrà scavare a fondo dentro di sé, sanguinare e rinascere, per capire che i sogni non possono morire e trovare il coraggio di credere in qualcosa di più grande.

Bianca come il latte rossa come il sangue

D'Avenia Alessandro

La vita di Rachel non è di quelle che vorresti spiare. Vive sola, non ha amici, e ogni mattina prende lo stesso treno, che la porta dalla periferia di Londra al suo grigio lavoro in città. Quel viaggio sempre uguale è il momento preferito della sua giornata. Seduta accanto al finestrino, può osservare, non vista, le case e le strade che scorrono fuori e, quando il treno si ferma puntualmente a uno stop, può spiare una coppia, un uomo e una donna senza nome che ogni mattina fanno colazione in veranda. Un appuntamento cui Rachel, nella sua solitudine, si è affezionata. Li osserva, immagina le loro vite, ha perfino dato loro un nome: per lei, sono Jess e Jason, la coppia perfetta dalla vita perfetta. Non come la sua. Ma una mattina Rachel, su quella veranda, vede qualcosa che non dovrebbe vedere. E da quel momento per lei cambia tutto. La rassicurante invenzione di Jess e Jason si sgretola, e la sua stessa vita diventerà inestricabilmente legata a quella della coppia. Ma che cos'ha visto davvero Rachel?

La ragazza del treno

Hawkins Paula

La vita di Mouans Sartoux, piccolo borgo provenzale, è turbata da una serie di tragici eventi: Laetitia Chevalier è scomparsa nel nulla; Etienne Blondel muore a seguito di una ubriacatura; Rkia Azergui è coinvolta in un improbabile incidente con il motorino. Tra le distese di campi che circondano il paese si nasconde un casolare abbandonato. Andrea, giovane studioso di botanica, aggira la recinzione ed entra insieme all'amico Mathieu: è l'inizio di un viaggio senza ritorno sulle tracce di un segreto sepolto tra i ricordi dell'infanzia. Nella narrazione giocano un ruolo fondamentale la natura e le piante: il profumo del caprifoglio provoca incubi, il narciso induce al sonno, l'aconito è velenoso, il frutto del melograno ha il colore del sangue...

I tuoi occhi sono foglie

Guglielmi Marilena