Opere in Confessioni di de Pisis
Nelle Confessioni di Filippo de Pisis è possibile accostarsi ad alcune opere del pittore; in tal modo si conosce qualche retroscena degli stessi e in taluni casi si scopre quale sia stata la genesi delle pitture.
Così per il disegno di testa: “Era un muratorino, si chiamava Cesare. Lo avevo visto una mattina alla stazione, lavorava là. Una sera mi decisi, lo fermai e gli dissi che stesse fermo, che gli volevo fare il ritratto… Lo facevo venire a casa dove avevo imbastito uno studiolo… Le prime volte non voleva spogliarsi, poi ci aveva preso gusto.”
Così per Angelo (1940, “Tutto raccolto come un angelo di antica Annunciazione toscana”): “Alle volte guardando quel disegno, pensando al mistero della vita per cui quella deliziosa realtà di forma e di colore non tornerà mai più palpitante davanti ai miei sensi, mi sento struggere…”
Nella produzione pittorica di de Pisis un posto di rilievo occupano le nature morte (“Le mie nature morte, ancora prima di un loro valore pittorico e costruttivo, ne debbono avere per me uno lirico e interiore”).
Nelle Confessioni l’autore si sofferma su quattro di esse: Col luccio (“Col luccio… Umberto Saba, a cui il quadro appartiene, insisteva… sulla gaiezza del colore”), Natura morta marina (“è ispirata da una spiaggia del nord… ò pensato a Ostenda), Natura morta d’autunno e Interno tragico (1926).
L’aneddoto più divertente riguarda forse la composizione di Natura morta col pesce (Parigi, 1931): “Per dipingerlo ò comprato a un festoso mercato in prim’aria a Montmartre una bella carpa. Mi sono accorto che era ancora viva…Carpa sta tranquilla, ti getterò nella Senna (non pensavi tu certo di passar per lo studio di un artista, niente meno, e di tornar in libertà).”
Vi proponiamo il commento di Rocco Herman Puppio a queste opere, premettendo che non è stato facile abbinare le descrizioni alle singole opere. Per non compiere un arbitrio, abbiamo chiesto indicazioni all’Associazione Filippo de Pisis (clicca sul link per visitarne il sito web) che ha individuato le seguenti corrispondenze:
- Col luccio: Pesci nel paesaggio di Pomposa, 1928
– Natura morta marina: Natura morta con asparagi e aragosta, 1930
– Natura morta d’autunno: Natura morta marina, 1928
– Interno tragico (1926) : Interno tragico, 1926
– Natura morta col pesce, Parigi, 1931: Natura morta con pesci e limoni, 1931
– Angelo (1940): Angelo, 1940
Bruno Elpis
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Col luccio – Pesci nel paesaggio di Pomposa, 1928
“È già importante che Leonardo [da Vinci] abbia osservato come l’atmosfera non sia perfettamente trasparente e abbia una densità e un colore”, dice Argan. Ed è l’aria della campagna ferrarese che vibra sulle superfici degli elementi che la materializzano in questa composizione di un momento, forse irripetibile, della luce del giorno: la stagione dei campi, la pesca dell’uomo, il landmark rassicurante dei volumi dell’abbazia di Pomposa.
Il piano cartesiano della linee orizzontali e verticali sfonda nella lontana e piatta costa adriatica e genera la tridimensionalità curva e corposa dei pesci in primo piano.
Natura morta marina – Natura morta con asparagi e aragosta, 1930
Non è la realtà di un sogno, è l’incommensurabilità dello spazio di cui hanno bisogno i granelli di sabbia che invade la maggior parte della tela, un contrappunto dimensionale alla striscia sottile di mare e di onde che sorregge un cielo ancora piu grande. Si tratta di un gioco di dimensioni, una lente d’ingrandimento che indaga con la forza della materialità del colore sugli asparagi, l’aragosta, le conchiglie, una festuca marina, e un occhio nudo che cerca d’immaginare l’oltre suggerito dalla linea dell’orizzonte: l’arrivo della burrasca, una pesca miracolosa, l’ignoto che attende la figura umana che cammina insieme alla sua ombra.
Natura morta d’autunno – Natura morta marina, 1928
L’esperienza dei sensi è il tratto espressivo di questa marina, tutto si movimenta dalla forza del vento, tutto diventa fenomenico: l’incombenza della massa delle nubi, il battito delle ali dei gabbiani, le sagome umane che arrancano, le valve dei molluschi trasportati dalla risacca e una busta misteriosa. Si ascolta il duetto del mare e dell’aria salata, si sente il sapore salmastro nelle narici. Il risultato è compendiale, ottenuto con pennellate energiche, larghe e sicure, di attenta derivazione postimpressionista, dove soggetto, forma e colore sono esperienza soggettiva e sentimentale dell’artista.
Interno tragico, 1926
Un angolo di mondo dentro una stanza, una povera wunderkammer per citazioni, per accenni di oggetti frugali, distrattamente lasciati ad attendere un moto, un gesto, un soffio di vento che muova la tenda, una mano che afferri le bottiglie, dopo averla lavata ed asciugata, l’attesa di una preghiera, in un’ora qualsiasi di un giorno sospeso. Un’apparente immobilità che aspetta una gestualità quotidiana.
Natura morta col pesce – Natura morta con pesci e limoni, 1931
La gestualità della pennellata e la rapidità dei tocchi ravvivano i gesti del momento cristallizzato dell’occhio dell’artista, un taglio fotografico che ricorda gli scorci arditi di Degas, tutto si appiattisce, nell’istante in cui i pesci sembrano scivolati dal foglio di giornale che li conteneva insieme ai limoni.
Un fermo immagine netto, pulito, fatto di linee compositive diagonali che si allargano verso il resto del mondo che c’è intorno, un dettaglio che emana odori, profumi, con i suoi vividi colori.
Angelo, 1940
Chi è Angelo? Il nome di qualcuno, un essere sovrumano? Di certo ha un anima, un moto appena accennato tra la posa rilassata e uno scatto felice verso l’osservatore. Si compone, come gli angeli delle credenze religiose, di tratti essenziali, di energia, di uno sguardo sincero, ingenuo. Ci appare come l’essenza di un piacere grafico-pittorico, modellato con pochi tratti di linee morbide del disegno, di piccole incertezze simili a uno studio dei movimenti, un’incisione di ombre sfumate e piani di luce sulle superfici della muscolatura da κοῦρος arcaico. Angelo e inconsapevole di avere un sorriso puro.
Rocco Herman Puppio
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