Ci sono parole, nel linguaggio comune, che sono circondate da una tale aura di rispetto ed intangibilità da farle assurgere a concetti universali e, come tali, intangibili, eterei. Fra queste, il termine “democrazia”, per esempio, ha ormai perso i connotati meramente descrittivi di un particolare sistema politico, per essere oggi associato in modo pressochè intercambiale con gli ideali di libertà, giustizia, eguaglianza.
L’impatto suscitato dalla semplice pronuncia di tale parola è sufficiente a chiudere una conversazione o zittire il proprio interlocutore: “tu sei contro la democrazia”, “qui non siamo più in democrazia” e via dicendo, giusto per citare le espressioni più comuni.
In altri termini, la democrazia è diventata inattaccabile e la più feroce critica comunemente rivolta alla stessa consiste nella debolissima constatazione che non sarà un sistema perfetto ma,allo stato, è il migliore possibile.
Hans Herman Hoppe, con il suo libro “Democrazia, il dio che ha fallito”, ha il grandissimo pregio di porsi controcorrente, suscitando legittimi dubbi sul reale valore della democrazia, alla luce dei fallimenti politici,sociali ed economici che hanno caratterizzato il ‘900.
Per raggiungere il suo scopo, l’autore si avvale di una prosa estremamente asciutta e rigorosa, perfettamente adatta a quello che, evidentemente, non è un romanzo bensì un saggio che affronta temi di carattere economico, filosofico, politico e giuridico.
La nozione di “democrazia” subisce, in questo libro, un attacco frontale, senza mezzi termini o reticenze, senza ricorrere a luoghi comuni o mera propaganda, ricostruendo con dati ed evidenze storiche il percorso che ha condotto gli stati moderni ad assumere l’odierna forma democratica e dimostrando la drammatica fragilità delle attuali strutture costituzionali.
Hoppe guida il suo lettore attraverso alcuni fondamentali passaggi argomentativi. In primo luogo, l’autore descrive il paradosso logico che si cela dietro la stessa esistenza dello Stato democratico, nato sulla base di un ipotetico contratto sociale di cui non si trova stranamente copia e che non risulta essere mai stato firmato da alcuna persona. Ma, se il fondamento logico-giuridico dello Stato è una mera finzione, da dove ha origine la sua presenza e come si giustifica il principale meccanismo che lo tiene in vita (la tassazione)? Hoppe dimostra come la banale ma spesso citata risposta – “lo Stato esiste perchè è il presidio del bene comune” – sia fallace, e lo fa attraverso un paradosso: dimostrando con rigore analitico che alla democrazia sarebbe preferibile un sistema politico su base monarchica.
E proprio quando il lettore comune, neofita rispetto a tali tesi, inizia a svegliarsi dal torpore culturale in cui è stato ingabbiato dal pensiero comune, Hoppe sferra un ulteriore e devastante attacco, questa volta contro lo stesso Stato ed ogni ordine costituito in forma egemonica e non volontaria.
La contrapposizione tra democrazia e monarchia è infatti un preludio al nucleo centrale del testo – così come dell’intera riflessione teorica dell’autore – che consiste nella contestazione dell’esistenza dello Stato quale monopolista nell’ambito della giustizia, della sicurezza e della legislazione. Hoppe sottolinea che lo Stato moderno, in realtà, anzichè garantire le libertà del cittadino le annienta, in particolare attraverso la tassazione. Illuminante in tal senso è l’esempio addotto da Hoppe: lo Stato è come un rapinatore che attende il cittadino, una volta all’anno, nello stesso luogo, pretendendo la consegna di una certa somma di denaro. Il cittadino non può ribellarsi, perchè questo rapinatore afferma di essere nel giusto; inoltre, questo rapinatore promette che la somma estorta sarà investita in servizi per il cittadino stesso, senza però dire quali sono questi servizi, da chi saranno offerti in concreto e, soprattutto, senza preoccuparsi che il cittadino abbia o meno bisogno degli stessi.
La soluzione offerta dall’autore, attraverso esempi pratici indubbiamente suggestivi, consiste in una società senza Stato – ossia senza ordini auto-costituiti – fondata esclusivamente sulla libera associazione delle persone e sul presupposto che la concorrenza tra individui garantirebbe servizi molto migliori e ad un costo decisamente inferiore rispetto a quelli attualmente “offerti” dallo Stato.
Hoppe offre delle risposte scomode, che potranno non essere accettate da tutti, ma ha certamente un grandissimo pregio, che consiste nel far sorgere un insistente dubbio nel lettore.
In conclusione: un libro assolutamente da leggere, perchè è uno straordinario esempio di come principi all’apparenza inattaccabili possano, in realtà, poggiare su fondamenta tutt’altro che solide.
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