Saggi

Flatus vocis

Caffo Leonardo

Descrizione: Cos'hanno in comune gli atti con le azioni? Esistono atti inediti, mai compiuti, che possono divenire autentici mezzi di liberazione e disturbo del "quieto" vivere? E cosa possiamo imparare dagli animali per cambiare lo stato di cose presente? Dal punto di vista della società-grattacielo, le risposte a queste domande dovranno essere qualcosa d'inaccettabile. D'intollerabile, anche solo per un attimo. Quando saranno tollerabili, ecco la filosofia d'accademia, "di cani abbaianti in una cuccia sordomuta, ignoranti allo sbaraglio". La filosofia non cerca soluzioni, ma problemi. Non può prestarsi alla perversione della cura: resta per sua stessa essenza diagnosi.

Categoria: Saggi

Editore: Novalogos

Collana:

Anno: 2012

ISBN: 9788897339076

Recensito da Elpis Bruno

Le Vostre recensioni

 

Interessante saggio filosofico il “Flatus vocis” di Leonardo Caffo. Anche se dissento dal titolo, in quanto la voce dell’autore mi è sembrata piuttosto un grido, giovane sì, ma a tratti venato di disperazione: la disperazione che a volte segna la riflessione filosofica che discetta sulla distinzione tra atto e azione e, forte di una storia della filosofia passata attraverso Cartesio e Kant, trasforma il “cogito ergo sum” in “agisco, dunque dovrei essere”. Magari muovendo da una citazione di Kirkegaard, il filosofo danese che dell’angoscia ha fatto un tema esistenziale prima che filosofico.

Entrando “in medias res”, Leonardo concepisce il suo trattato quasi come una pièce teatrale. Non a caso, nel saggio, ritroviamo citazioni di Carmelo Bene, l’attore-pensatore che della provocazione ha fatto poetica di vita e drammaturgica.

“I passaggi necessari sono dunque i seguenti:

 

- Ritornare animali – nuda vita e rendere nuovamente possibile l’agire.

- Cercare un bene, e tendere verso questo (Atto 2)

- Trasformare la realtà (Atto 3)”

Il mio commento verterà principalmente sul “ritornare animali”, per la novità del messaggio che mi trova particolarmente sensibile.

“Il ritorno all’animalità deve passare, innanzitutto, verso una nuova accettazione del corpo che ospita ciò che siamo.”

Premessa non scontata, se pensiamo a quanti di noi accettano il corpo …

“Riscoprendo la nudità del nostro corpo, quello che dunque siamo stati, possiamo finalmente rivederci altro dal cittadino che incravattato tende verso una vita di similitudini ripetute, come un inferno già annunciato.”

E qui sta il valore aggiunto di una riflessione che è ben lungi da nostalgie del “mito del buon selvaggio”, da vagheggiamenti naturistici o dalle reviviscenze new-age che fioriscono nell’epoca contemporanea: introdurre l’idea secondo la quale “dobbiamo utilizzare la potenza del pensiero … per salvare i cocci di un animale che si è estinto dando vita a una nuova, ed innaturale, specie, che è il cittadino.”

In altri termini, la riflessione si innesta nella dimensione sociale e politica dell’uomo:

“L’umano è oggi preminentemente cittadino e … questa sua caratterizzazione ontologica gli impone tanto azioni limitate, quanto una partecipazione inconsapevole a un sistema violento.”

E, dunque, in cosa consiste il proposto ritorno?

“Il percorso che conduce al ritorno all’animale non può essere essenzialmente razionale, ma deve passare necessariamente verso quel <<distendersi a terra tra gli animali>> …”

Partendo da una premessa drammatica:

“Nel morire dunque, nella corporeità martoriata e nella privazione dell’espressione dobbiamo ricercare l’animale che dunque siamo affinché, il nostro agire, possa ricominciare ad essere sincero.”

Per arrivare a un punto:

“Riprenderemo possesso del corpo nel senso che saremo corpo e rivedremo negli animali non umani i nostri simili ribellandoci alla loro tragedia” … “scardinando le false specificità che mascherano la nostra natura.”

Nel suo ragionamento, l’autore conserva una posizione molto critica, ad esempio, nei confronti dell’antropocentrismo: “Pensare che i processi di ragionamento d’uno tra gli innumerevoli esseri viventi, di uno tra i potenzialmente infiniti pianeti dell’universo, siano adatti per comprendere la natura di ogni cosa, e per nobilitare la condizione di predominio e violenza che conosciamo, è tanto ingenuo quanto imbarazzante.”

E come non condividerla?

L’opera è indicata a chi ama la speculazione filosofica. Ma anche a chi è alla ricerca di messaggi nuovi e ama confrontarsi con la forza del pensiero. Attenzione, come ogni saggio di filosofia, non è un libro facile. Ma, forse, sono proprio queste le letture più stimolanti e che, alla fine, lasciano maggiormente soddisfatto un lettore esigente.

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