Giallo - thriller - noir

Il caso di Charles Dexter Ward

Lovecraft Howard P.

Descrizione: Il caso di Charles Dexter Ward, pubblicato nel 1941, è il romanzo di un pazzo: Ward, personaggio schivo, opaco e studioso, si trasforma, lentamente, in una sorta di alieno, che incute terrore e sgomento. A indagare sul caso è uno psichiatra, che ha conosciuto Ward fin dalla giovinezza, e che scioglie il mistero scoprendo una realtà di orrore insospettabile, svelando pratiche ancestrali di resurrezione dei morti e oscure forze soprannaturali.

Categoria: Giallo - thriller - noir

Editore: Rizzoli

Collana: Bur scrittori contemporanei

Anno: 2007

ISBN: 9788817016308

Recensito da Elpis Bruno

Le Vostre recensioni

Il caso di Charles Dexter Ward è l’opera forse più rappresentativa di Howard P. Lovecraft in quanto, come ben mette in evidenza l’introduzione di Valerio Evangelisti, armonizza molti degli elementi della sua poetica.
Come l’ossessione della realtà nascosta e parallela (“Alla ricerca delle scaturigini degli abomini che, dal sottosuolo, assediano l’altrimenti tranquilla città di Providence”). E la sensazione che il mondo sia in equilibrio instabile (“Se gli esperimenti del protagonista avranno successo, ne sarà compromesso l’assetto dell’intero sistema solare e dell’universo conosciuto. Altri universi, in altre dimensioni, troveranno un accesso al nostro e vi vomiteranno il loro osceno contenuto”) nelle tradizionali strutture (“L’evocazione di creature ultraterrene difficili da rispedire indietro, una volta che abbiano varcato lo spazio-tempo e i suoi abissi”) che lo sorreggono. In una concezione cosmica (“Lovecraft creò il proprio olimpo di folli divinità – descritto in un libro immaginario, il Necronomicon – avide di riprendere il controllo sugli umani”) nella quale il protagonista (“L’uomo fu probabilmente creato a immagine e somiglianza di questi grumi cosmici di pazzia”) vaga in balia di forze oscure (“Il nemico, che è, in penultima analisi, il caos, e in ultima analisi il vuoto totale”) plasticamente rappresentate (“Il Merry New England … ricorda il quadro… de Il naufragio dell’Elsinore di Jack London”).

La storia ha l’impostazione del thriller che indulge al paranormal (“I misteri da risolvere sono due, tra loro collegati: perché il giovane Ward paia avere cambiato identità, così da essere scambiato per pazzo, e  a quali esperimenti proibiti si sia dedicato”).
Charles Dexter Ward è un giovane studioso, ben presto ritenuto pazzo e quindi prima assistito, poi recluso. Il romanzo si apre con la fuga del giovane e la narrazione ricostruisce le tappe di una ricerca (“Charles cercava ossessivamente e scrupolosamente la tomba di Joseph Curwen, dalla cui lastra d’ardesia una generazione molto precedente alla sua aveva saggiamente cancellato il nome”) che – attraverso  lo studio di documenti segreti, le investigazioni dei luoghi e un viaggio in Europa (“In Transilvania… Andava a fare visita a un tal barone Ferenczy, la cui proprietà si estendeva sulle montagne  a est di Rakus”) – riportano in vita l’antenato Joseph Curwen, un uomo che nel Settecento era dedito a pratiche macabre (“Era tristemente nota la sua passione per i cimiteri”), ambigue (“Le voci più diffuse non dissociavano la sua casa dal vampirismo…”) e occulte (“I Sali essenziali degli Animali possono essere preparati… un Filosofo può, senza compiere alcun atto di criminosa Negromanzia, ridestare la Forma di qualsiasi Antenato dalla Polvere nella quale il suo Corpo si è incenerito”).

Particolarmente affascinanti sono le descrizioni di Providence (“La vecchia Providence per la cui sicurezza e integrità andava debellato un immenso e mostruoso sacrilegio”), della sua struttura urbanistica (“Guglie e ghimberghe si delineavano scure e aggraziate, e brezze marine salivano lievi dall’insenatura a nord del ponte”) e dell’architettura gotica (“Vecchia città di sgretolate ghimberghe e puritani tetti a mansarda stretti uno accanto all’altro”) che dalla vicinanza con la famigerata Salem (“A Salem… le prime tracce di Curwen”) trae atmosfere sinistre e inquietanti. Particolari (“Pannelli con intagliati disegni di urne e cartigli sopra i camini… modanature di legno…”) e immagini diffondono l’aria enigmatica che avvolge l’intera vicenda, a metà strada tra “Lo strano caso del Dr Jeckill e Mr Hyde” e “Il ritratto di Dorian Grey” (“L’ultimo tocco del delicato raschietto… l’espressione celata per secoli; e per confrontare lo sconvolto Charles Dexter Ward, amante e abitatore del passato, con i suoi tratti viventi nell’espressione del suo orribile bis-bis-bis-nonno”), passando per il “Dracula” di Stoker.

La narrazione è più che indiretta: il narratore riporta a sua volta il resoconto del medico Willett (“Willett, in realtà, rappresenta un piccolo mistero a se stante per il suo legame con il caso”) che assiste Charles Dexter Ward (“È stato l’ultimo a vedere il paziente prima che si involasse”) nella sua follia montante e questa sintassi esaspera chi legge cercando invano di ingabbiare in una forma razionale o risolutiva lo spirito dell’antenato della letteratura orrifica. Perché Lovecraft sta all’horror proprio come Joseph Curwen sta al pronipote Ward: possedendone le fibre…

Bruno Elpis

Il sito dedicato a H.P. Lovecraft

...

Leggi tutto

LEGGI COMMENTI ( Nessun commento )

Aggiungi un tuo commento

Scrivi la tua recensione

Devi effettuare il login per aggiungere un commento oppure registrati

P.

Howard

Lovecraft

Libri dallo stesso autore

Intervista a Lovecraft Howard P.

Virus

Canassa Vigliani Alessandro

«Ho scelto due "tipi" generalmente condannati dalla società: il matricida e l'arrampicatore sessuale – li ho ascoltati per mesi, mi stanno simpatici; potrebbero essere miei figli. Se li ho scelti non è solo perché amo le stranezze; la ragione per cui ho raccontato insieme le loro storie è più sotterranea e radicale: perché, sommandosi, i miei due eroi hanno fatto quello che avrei voluto fare io.» Nati alla periferia umana e urbana di due città italiane a pochi anni di distanza, percorsi dalla comune fierezza di chi deve guadagnarsi il proprio posto al sole, Filippo e Ruggero hanno due storie dall'incipit simile. Le loro vite, però, si muovono divergenti nella realtà e nel racconto che ascoltiamo dalla voce lucida e insieme partecipe di Walter Siti. Filippo ha vent'anni quando, sorvegliato dall'ombra dell'Etna, uccide la madre fedifraga e così amata, gesto estremo e vulcanico come il suo sentimento per lei. Ruggero ne ha qualcuno in più quando in America, col nome d'arte Carlo Masi, inizia la sua carriera di pornoattore; tornato a Roma, incontrerà Giovanni del Drago, l'uomo che farà di lui una principessa. In bilico tra tragedia e fiaba, quelle di Filippo e Ruggero sono vite amorali, davanti alle quali sospendere il giudizio, ma sono anche la filigrana attraverso cui, con una scrittura immersiva, Siti affronta il suo buio più segreto proprio mentre sperava di allontanarsene; perché i romanzi sono più intelligenti del loro autore e si parlano tra loro. Siti ci consegna un libro potente e disperato, scommettendo su una letteratura che sia ancora capace di farsi domande e di accettare l'imprevisto come risposta.

La natura è innocente

Siti Walter

4 marzo 1861: parte da Palermo il battello a vapore “Ercole”, con a bordo Ippolito Nievo, in viaggio verso Napoli per riportare i documenti della spedizione garibaldina dei Mille cui aveva preso parte. Ma la nave “Ercole” nel corso di una violenta tempesta scompare nel nulla. Nessun superstite, nessuna traccia, nessuna inchiesta che riesca a capire cosa è accaduto. 5 marzo 1961: in occasione del centenario della scomparsa di Ippolito Nievo, Stanisalo, suo pronipote, viene abbagliato da un flash, che interpreta come un invito a riaprire le indagini su quella morte misteriosa. Stanislao Nievo dedica dieci anni della sua vita a raccogliere i materiali utili per ricostruire le fila di questo capitolo di storia patria. Così la vicenda di Nievo si sdoppia e si aggroviglia in tante storie diverse, e le ricerche non sono meno avventurose e romanzesche della fine leggendaria del vascello “Ercole”. Pubblicato nel 1974, il romanzo è il Premio Campiello 1975.

Il prato in fondo al mare

Nievo Stanislao

La contraddizione tra realtà e apparenza, tra capitale e lavoro, tra valore d’uso e valore di scambio, tra proprietà privata e Stato capitalistico, tra monopolio e concorrenza, tra valore sociale del lavoro e sua rappresentazione monetaria... Sono diciassette le grandi contraddizioni che Harvey individua: stanno al cuore del capitalismo, alcune sono interdipendenti, tutte si intrecciano fra loro e, quando si acuiscono, producono instabilità e crisi; oggi ne mettono a rischio la tenuta. La spinta ad accumulare capitale al di là delle possibilità di investimento, l’imperativo di usare i metodi più economici di produzione che porta ad avere consumatori senza mezzi per il consumo, l’ossessione di sfruttare la natura fino al rischio dell’estinzione: sono antinomie di questo tipo che sottostanno alla persistenza della disoccupazione di massa, alle spirali discendenti dello sviluppo in Europa e Giappone, agli instabili salti in avanti di paesi come Cina e India. Non tutte le contraddizioni del capitale sono ingestibili, alcune possono condurre a quelle innovazioni che ridanno forza al capitalismo e lo fanno apparire saldo e duraturo. Tuttavia l’apparenza può ingannare: se è vero che molte delle contraddizioni del capitale possono venire gestite, altre potrebbero essere fatali per la nostra società. Per evitare un simile esito questo libro si propone tanto come un’efficace guida al mondo che ci circonda quanto come un manifesto per il cambiamento. Recuperando il concetto marxiano di alienazione, nella prospettiva di un nuovo umanesimo.

Diciassette contraddizioni e la fine del capitalismo

Harvey David