Narrativa

IL TEMPO TAGLIATO

Longo Silvia

Descrizione: Nella luce di un giugno radioso e sfacciato, Viola sente crescere il vuoto delle sue giornate. Ha quarantatré anni, e per metà della vita è stata moglie devota di un acclamato direttore d’orchestra e madre di una figlia avuta da giovanissima. Nient’altro, nessuna concessione a se stessa, nessun inciampo, nemmeno ora che, con la morte improvvisa del marito e una figlia ormai adulta, le sue giornate sono scandite dalla solitudine. Il pomeriggio del solstizio d’estate, durante un concerto in memoria del marito, Viola conosce un uomo e qualcosa accade dentro di lei: una breccia nel muro, un’infiltrazione d’acqua nelle crepe, un punto di sutura che si dissolve. Mentre nel chiostro assolato risuonano le note di Bach, un’impacciata Viola in abito da cocktail, il filo di perle al collo e i capelli raccolti, lascia il concerto e fugge in macchina con lui. La tentazione è quella di abbandonarsi, di lasciarsi portare dalla corrente, ma l’autocontrollo è la disciplina in cui Viola eccelle e quello che sta succedendo non è solo sconveniente: è assurdo. Eppure è tardi per tornare indietro, perché il viaggio è iniziato, e con quell’uomo lei sta andando esattamente dove desiderava da tempo: lontano. Lontano da tutto per avvicinarsi alla sua verità, semplice e scandalosa.

Categoria: Narrativa

Editore: Longanesi

Collana: La Gaja scienza

Anno: 2012

ISBN: 9788830431164

Trama

Le Vostre recensioni

Il tempo tagliato, romanzo d’esordio di Silvia Longo, ha lo spessore del romanzo di una scrittrice compiuta.

Gli esordi, qualche volta, condensano una vita di scrittura trascorsa ad affinarsi, a indagarsi, e così è per Silvia Longo e la sua storia che, nell’apparente semplicità, ha la forza dirompente di un temporale.  

Una storia quotidiana di una donna affogata in un ruolo, quello di madre e, soprattutto, di moglie, che la fagocita.

Cento volte la stessa sequenza. Avanti e indietro dalla camera al bagno, dal bagno alla cucina, da casa al supermarket, dalla bocca all’intestino, dai pensieri alle labbra alle mani, senza mai rompere il cerchio.

Una normalità dolorosa che spesso sconfina nella rinuncia di sé.

Così è per Viola. Una vita metodica, sommessa; fatta di piccole cose, lasciate a fare da sedimento alla solitudine che diventa musica dell’anima e che per troppo tempo ha avuto paura di ascoltare.

La morte improvvisa di Federico, il marito, la costringe a fare i conti con quel silenzio in cui ha sepolto la parte più vitale di sé.

È smarrita, abbandonata nelle stanze vuote, nelle giornate prima riempite dalla presenza di Federico, direttore d’orchestra, artista dall’ego ingombrante, a cui sente di dovere tutto. Il suo essere musicista, i suoi successi, la sua esistenza alla ribalta, sono stati la misura della vita esteriore di Viola, dello spazio sociale che occupava accanto a lui fin da quando, figlia di gente modesta, l’aveva sposato accedendo all’agiatezza di un’esistenza borghese e ricca, in una piccola città di provincia.

Un tempo lungo vent’anni che ha finito per renderla muta e insignificante, prima di tutto a se stessa, nella completa adesione alla vita del marito, nell’abitudine e nell’affievolimento dei sentimenti.

Ma Viola è una donna speciale. Il silenzio per lei è tempo interiore, coscienza  e costruzione di consapevolezza, e quel lutto diventerà il discrimine tra il prima e il dopo, tagliando il tempo della sua vita in due parti.

La metafora del tempo scandisce ogni passaggio di questa storia.

Il tempo dentro la musica, il tempo meteorologico, il tempo dello spasimo interiore, quando il pieno delle cose quotidiane, l’accudimento e la cura dell’altro, straripano fino ad annullare.

E questo taglio, questa spezzatura, mentre sembra annullarla definitivamente, incardina invece il percorso di un tempo ritrovato.

Nel silenzio del dolore per quella perdita, Viola comincia dalla superficie. Per primo, ritrova il suo corpo. Un corpo disperato, ammutolito, che malgrado lei e il vuoto in cui vorrebbe scomparire, non sa darsi per vinto.

Fin dalla prima pagina, in quel casto autoerotismo che chi legge intuisce tra il sudore e le lenzuola scomposte,  in quel risveglio nel solstizio d’estate, c’è già l’accenno della vita che riprende il sopravvento.

L’incontro con Marco alla manifestazione  musicale in memoria del marito, lo stesso giorno, compirà il resto. Assieme a questo sconosciuto lascerà il concerto per fuggire altrove, in qualsiasi posto, purché  lontano dalle convenzioni e dall’autocontrollo  dove si era barricata  fino ad allora.

È ancora la metafora del tempo musicale ad accompagnare Viola nella sua fuga.

La fuga è la forma polifonica più rigorosa, complessa e impegnativa in cui gli strumenti danno luogo a una melodia nella quale non conta l’effetto armonico bensì la misura con cui le diverse voci sviluppano il tema musicale.

Il tema in questo caso è Viola, la memoria della sua vita raccontata per frammenti e squarci di coscienza.

Dentro questa fuga che risuona di conflitti e di tensioni, con se stessa prima di tutto, Viola scioglierà, finalmente, i nodi della trappola dove si era lasciata imprigionare.

Il tempo tagliato è un romanzo di emozioni che chiede al lettore di compromettersi con la protagonista, di accompagnarla, sperduta e sofferente, dimessa nella persona, per poter scomparire meglio agli occhi degli altri, fino a ritrovarsi.

Silvia Longo compie il sortilegio di intrecciare una storia tanto delicata, piena di sentimenti sfumati, di emozioni indagate, con il controcanto di una scrittura  forte, ritmata, essenziale, priva di orpelli, dove ogni parola non può che essere quella e solo quella. Né prima né dopo. È ciò che la Longo fa dire a Viola mentre indossa il filo di perle per il concerto in commemorazione del marito.

Penso che le perle siano come parole. Serve cura nel coltivarle, e nello scegliere come allinearle su un filo che sia di seta o di discorso.

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