Libri per ragazzi

LA BICICLETTA DI MIO PADRE

Roccheggiani Fabrizio

Descrizione: In occasione del giorno della memoria, un diario di ricordi sull'occupazione. Pagine di memoria da custodire e tramandare. Roma, 1943. I tedeschi occupano la “città aperta”. Il diario di un bambino tiene traccia di quei giorni terribili e degli anni che seguirono. I bombardamenti, i rastrellamenti, il papà partigiano e la Resistenza, la Liberazione e la lenta ripresa del dopoguerra vengono raccontati con un'impronta serena, senza polemiche, come solo un bambino potrebbe fare.

Categoria: Libri per ragazzi

Editore: Lapis

Collana:

Anno: 2009

ISBN: 9788878741171

Recensito da Marika Piscitelli

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Il 25 aprile si celebra un importante anniversario, quello della Liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista, al termine della seconda guerra mondiale.

Per ricordare ai più giovani questa fondamentale tappa della nostra storia, Lapis propone “La bicicletta di mio padre“. Il libro unisce la suggestione di un diario all’immediatezza delle illustrazioni e delle immagini fotografiche; il tutto è poi completato dagli approfondimenti storici della Prof.ssa Elvira Sabbatici Paladini, direttrice del Museo storico della Liberazione in Roma.

L’autore Fabrizio Roccheggiani racconta la sua storia ritornando bambino, un bambino nato in una notte magica, quella di San Lorenzo, in anno però difficile da vivere: nel 1942, infatti, è già in corso la guerra che vede l’Italia fiancheggiare la Germania di Hitler.

Dopo l’armistizio del 1943, con il quale cessano le ostilità con gli anglo-americani, comincia l’invasione tedesca del nostro paese. Molte famiglie offrono rifugio agli oppositori politici e riescono a creare una straordinaria rete di solidarietà (Resistenza civile o non armata), coadiuvando il fronte militare e i partigiani.

Perquisizioni, torture e sofferenze sono visti con gli occhi di un bambino, che riesce a scovare tra l’orrore generale spiragli di amicizia e di amore.

Gli allarmi notturni. Si accende il piccolo lume sul comodino accanto al letto dei miei genitori. Rumore attutito di coperte smosse e scalpiccio di piedi sul pavimento. Vengo vestito in fretta. C’è sempre una piccola valigia pronta per me con tutto l’occorrente per dei cambi d’abito, l’acqua, il latte in polvere. Solo per me“.

L’affiatamento che c’è tra di noi nasce dal continuo condividere l’abitudine ai rischi e alle privazioni. C’è sempre qualche spirito che ripete la stessa battuta: “Se gettano una bomba sul palazzo, facciamo la fine del topo”. Quando l’allarme termina si risalgono lentamente i gradini e ci si augura la buonanotte come a Natale, quando tutti tornano dalla messa di mezzanotte“.

L’amore ci protegge dalla paura, l’amore salva il cuore e i pensieri come la mano di mia madre che scivola certe volte davanti ai miei occhi per evitarmi le brutte visioni della realtà, per impedire che ritornino nei sogni“.

La violenza è solo intuita, il dolore mitigato dalla speranza. Ecco perché il breve libro di Roccheggiani rappresenta un valido spunto per parlare ai ragazzi di un’esperienza che ha segnato l’umanità intera, che andrebbe dimenticata per il carico di orrore e nefandezze che ha recato con sé ma, al tempo stesso, ricordata, per comprendere appieno ed evitare gli errori di un passato non così lontano.

 

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Fabrizio

Roccheggiani

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Intervista a Roccheggiani Fabrizio

Claudio Roveri è un informatore medico scientifico. Conduce una vita di apparenze. Apparentemente è un professionista affermato, ha una famiglia felice, nessun motivo per non sentirsi soddisfatto. In realtà le cose non vanno così bene. Claudio Roveri cova il disagio. Odia Bologna, che è diventata una città così diversa da come se la ricordava. Negri, punkabbestia e zingari ai semafori, e quella sensazione di degrado che ha ogni volta che cammina per il centro. Claudio odia, ma non fa nulla. Si rifugia nella famiglia, negli amici di sempre, nel lavoro. Fino a quando decide di reagire, assecondando la sua vera natura. Asciutto, affilato, coinvolgente, “Non fare la cosa giusta” conferma il talento di Alessandro Berselli e la sua capacità di non fermarsi allo sguardo superficiale della contemporaneità.

NON FARE LA COSA GIUSTA

Berselli Alessandro

Ho scritto questo libro perché non volevo andasse perduto quanto vissuto durante undici lunghi anni alla cassa di un supermercato. Soprattutto non volevo andasse perduta la memoria, seppur minima, di alcune delle persone con cui sono venuta in contatto. Un contatto vero, umano, che è andato oltre i gesti e le parole che il mio angusto ruolo richiedevano. Poi c'erano i foglietti di carta che affollavano le tasche del mio camice e la penna sempre a portata di mano per rispondere alla mia vocazione alla poesia. Ho cercato di andare oltre, di oltrepassare l'arida meccanicità che il mio lavoro in sé richiedeva, ho alzato lo sguardo dai numeri del display per incontrare gli occhi di chi mi stava davanti. Ho cercato di vedere le persone così come sono, con le loro debolezze e le loro grandezze e di affidarmi al fatto che non sapevo altro di chi mi stava di fronte se non che era il mio prossimo, nel senso più ampio e lato del termine. Un essere umano con la sua storia invisibile, una persona cui dovevo rispetto, attenzione e gentilezza cosi che quei pochi istanti in cui eravamo in relazione si aprissero a un tempo altro. Ho cercato di 'scoprire tra la polvere quotidiana il granello di purezza che c'è', è ancora Simone Weil, anche se non sempre ho trovato la purezza, forse perché si esprime solo a sprazzi, in attimi che pure esistono e quando arrivano illuminano il tempo, ne levigano il senso.

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