Narrativa

La lampada del diavolo

McGrath Patrick

Descrizione: Dal genio di Patrick McGrath, un romanzo che entra nei pensieri del suo protagonista, e di noi lettori, per far luce sulle diaboliche ossessioni scatenate dai segreti quando decidono di parlare. "Un romanzo magnifico, eccitante, che ti cattura dalla prima pagina e ti tiene in ostaggio fino alla fine. Patrick McGrath tocca nuovi folgoranti vertici di emozione." John Banville Londra, 1975. L’anziano poeta Francis McNulty sente avvicinarsi la fine dei suoi giorni ma il suo animo non trova pace, schiacciato da una colpa che non ha mai avuto il coraggio di confessare. Le ombre di un tradimento sotto le armi, durante la Guerra Civile spagnola, si allungano nella casa di Cleaver Square quando un’oscura presenza, con le fattezze del generale Francisco Franco, comincia a fargli visita. In alta uniforme, il contegno di un militare decaduto, l’apparizione perseguita Francis con i ricordi dei giorni drammatici di quarant’anni prima. Perseguitato dalle visioni e spronato dalle domande di un giovane reporter che sta scrivendo un pezzo su di lui, il vecchio poeta accetta l’invito della figlia ad accompagnarla in viaggio di nozze a Madrid, in cui vede finalmente l’occasione per affrontare i fantasmi del suo passato. Mentre nel palazzo reale si consuma l’agonia del Generalissimo, vittima e carnefice di un’epoca che si sta consumando, Francis torna nei luoghi della sua vergogna, in un viaggio liberatorio nel tempo, nei ricordi di famiglia, nei recessi della sua mente.

Categoria: Narrativa

Editore: La nave di Teseo

Collana: Oceani

Anno: 2021

ISBN: 9788834603536

Recensito da Elpis Bruno

Le Vostre recensioni

Il titolo dell’ultimo romanzo di Patrick McGrath, La lampada del diavolo, s’ispira a un dipinto di Goja (“Goya… mi piace visitarlo alla National Gallery, e soffermarmi in particolare sulla sua Làmpara del diablo, altrimenti nota come L’esorcizzato. Raffigura un poveruomo, vittima di un maleficio, che nelle profondità della notte cerca di tenere accesa la sua lanterna, poiché nel caso si spegnesse la sua anima sarebbe ceduta al diavolo”), ritenuto rappresentativo del dramma – sempre narrato con grande ironia – di un anziano poeta che cova un enorme rimorso, risalente alla Guerra Civile spagnola (“Seppelliscilo – quel rimorso – il più profondamente possibile, magari in una fossa comune”), e che vive il dramma della senescenza (“La vecchiaia è una cerimonia di perdite e i vecchi una forma di vita separata”) e la paura dell’abbandono (“Il rovescio della medaglia rispetto al problema della sorveglianza e del controllo,… ciò che mi preoccupa adesso è l’abbandono”).

Ma andiamo con ordine.

Sir Francis McNulty vive con la figlia Gillian (“Pallida, esile, gambe lunghe come tutte le McNulty, quando indossa una delle  sue austere gonne grigie, le scarpe a tacco basso e una giacca nera di sartoria sopra la camicetta bianca inamidata: sembra un uccellino”), detta Gilly (“Aveva i capelli tirati all’indietro e fissati sulla nuca con un fermaglio come una costosa dominatrice di Shephered Market, e sappiamo quanto si fanno pagare quelle”), la domestica Dolores Lopez (“Senza il mio aiuto, Dolores non sarebbe mai riuscita a lasciare Madrid dopo che il resto della famiglia era stato ucciso”) e il gatto Henry Threshold in una stamberga (“In questa sbiadita bicocca georgiana affacciata su una decrepita vecchia piazza dalle parti di Kennington Road… ha un bel giardino murato sul retro: la mia arcadia privata… c’è anche un cimitero…”) di Cleaver Square.

La narrazione indiretta dei suoi vizi ci parla di un uomo irascibile, svanito, facile ad alzare il gomito (“Un gin all’ora di pranzo ha un effetto calmante”) a qualsiasi ora del giorno (“La prima meravigliosa scossa di un buon cocktail, come un grosso candelotto di gelatina su per il culo…, mi diede una botta considerevole”), incerto nei gusti sessuali (“Hugh Supple, quello del Manchester Guardian, che a quanto mi dice vorrebbe scrivere un lungo pezzo sulle mie esperienze spagnole a mo’ di introduzione alle poesie… ho trovato un amanuense assolutamente solidale, a volte penso addirittura che civetti con me…”), schiacciato dal ricordo del padre (“Donald… il mio malinconico, frastornato, dipsomane padre”) e dal rimorso per un tragico scambio di identità (“Siamo a Santa Eulalia, gli ricordo, un monastero medievale a sudest di Madrid. Siamo prigionieri di guerra e su tutti noi pende una condanna a morte”) che è costato la vita – a suo vantaggio – del medico americano (“Doc Roscoe, pur avendo salvato la vita del capitano spagnolo, era stato fucilato dal plotone di esecuzione”) che l’ha soccorso durante i bombardamenti in Spagna.

Frequentatore del pub ove viene intervistato da Hugh Supple (“È lui che mi ha rubato le poesie, ovviamente… sono tutte su Doc Rescue”), giornalista del Guardian, interessato a pubblicare la sua opera poetica (“Se pensi alla Guerra Civile spagnola, alla poesia che ne è scaturita, non puoi pensare che a me”) con un commentario, e del locale ove si ritrovano i reduci (“Ha peso la testa, povera vecchia Madge. Pensa di essere perseguitata da un ghul”), soverchiato dal timore di dover abbandonare la sua casa per andare ad abitare con la figlia in procinto di sposarsi con il diplomatico Percy Gauss, Francis è vittima di frequenti incubi e di incursioni del fantasma del dittatore Franco (“Era decrepito e sporco, con un’aria malaticcia, in disfacimento per la precisione, e puzzava… Piangeva”), che – corre l’anno 1975 – giace moribondo in Spagna (“Papà, il generale Franco non è a Londra. Non è in grado di viaggiare. Sta morendo”) con i problemi di successione che la sua imminente morte pone (“Da qualche parte a Madrid il Generalissimo, flagello di Spagna, giaceva agonizzante in un antico palazzo pieno di quadri di Goya, mantenendo tuttavia – chissà come – un contatto diretto con un uomo la cui vita aveva incrociato una quarantina d’anni prima”).

Non è un fantasma, invece, l’apparizione dell’adorata sorella Finty (“Avevo avuto tre sorelle, delle quali una soltanto era ancora viva, Finty, quella che aveva lasciato Londra per trasferirsi sull’isola di Mull a dipingere il mare… aveva ormai passato gli ottanta, ma la mente era ancora chiara come un bicchiere di gin… si è occupata di me quand’ero piccolo, dopo che la mamma era scappata con Roger Dixon”), che aiuta Gilly (“Ha paura… che io cominci a trascurarmi, a ignorare l’igiene personale, che esca di nuovo in pigiama nel cuore della notte”) a gestire le intemperanze di Francis (“Chiunque capirebbe che siamo fratello e sorella, due tipi allampanati e beccuti con quegli sguardi penetranti e la bocca argentea”).

Le nozze di Gilly sono l’occasione per un viaggio di nozze collettivo a Madrid: con i neo-sposi raggiungono la Spagna anche Francis, Hugh e Dolores. Qui, Francis visita il Prado (“Alcune tavole dei Caprichos… rappresentano un meraviglioso complemento alle Pinturas negras”) e si reca con Hugh nella Valle de los Caidos, alla cripta destinata ad accogliere la salma del Generalissimo (ove compie “odiosi atti sacrileghi come quello che avevo commesso sulla tomba di Franco”). Sarà l’occasione per vendicare la morte dell’amato Doc, con grave imbarazzo per il genero che è impegnato con la diplomazia internazionale a gestire la successione di Franco (“La questione del trasferimento di potere dal Generalissimo al principe Juan Carlos non sarebbe certo stata rovinata da un vecchietto svitato come me”).

La lampada del diavolo è un’ulteriore tappa dell’originale e inconfondibile scrittura di Patrick McGrath, che questa volta propone un’altra ghiotta occasione di lettura per chi apprezza la scrittura ironica, irrigata da tinte gotiche e paranormal, di psicodrammi.

Bruno Elpis

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