
Il vino della solitudine
Némirovsky Irène
Descrizione: Mentre il paese sta per precipitare nella guerra civile, un medico inglese, la sua giovane e avvenente compagna, un losco individuo dei Servizi segreti sudafricani e un giornalista freelance disilluso e allucinato, portano avanti la loro esistenza rinchiusi a Gombe, il quartiere dei ricchi. Fra feste, echi di una guerra sempre più vicina, tradimenti, traffici di diamanti e di organi umani, le giornate di questi personaggi vanno avanti, intrecciandosi e scontrandosi, fino all'inquietante e drammatico finale...
Categoria: Narrativa
Editore: Momentum
Collana:
Anno: 2011
ISBN: 9788890534027
Alla vigilia della morte, stendendo l’elenco delle sue opere sul retro del quaderno di “Suite francese”, accanto al “Vino della solitudine” l’autrice scriveva: «Di Irène Némirovsky per Irène Némirovsky». Non sarà difficile, in effetti, riconoscere nella piccola Hélène – che all’inizio del romanzo siede a tavola dritta e composta per evitare gli aspri rimproveri della madre – la stessa Irène; e nella bella donna dall’aria annoiata – che a cena sfoglia le riviste di moda appena arrivate da Parigi in quella lontana provincia dell’Impero russo, che si occupa di sé e del giovane amante ignorando la figlia – quella Fanny Némirovsky, che ha fatto dell’infanzia di Irène un deserto senza amore. Hélène detesta la madre con tutte le sue forze («doveva baciare quel volto odioso ... posare la sua bocca su quella guancia che avrebbe voluto lacerare con le unghie»), al punto da sostituirne il nome, nelle preghiere serali, con quello dell’amata istitutrice («con una vaga speranza omicida»). Verrà un giorno, però, in cui la madre sarà vecchia, ed Hélène avrà diciott’anni: accadrà a Parigi, dove la famiglia si è stabilita dopo la guerra (che ha consentito al padre di accumulare un’immensa ricchezza) e la rivoluzione d’Ottobre (in cui hanno rischiato di perdere ogni cosa) e la fuga attraverso le vaste pianure gelate della Finlandia, durante la quale l’adolescente ha avuto per la prima volta «la consapevolezza del suo potere di donna». Sembra giunto il momento della vendetta: «Aspetta e vedrai! Ti farò piangere come tu hai fatto piangere me!». Ma quando Hélène scoprirà in sé lo stesso demone che abita la madre – quello «della civetteria, della crudeltà, del piacere di giocare con l’amore di un uomo» –, si allontanerà, scegliendo una vita diversa: «Sono sola, ma la mia solitudine è amara e inebriante». Se è vero che da un’infanzia infelice non si guarisce mai, pochi hanno saputo raccontare quell’infelicità come Irène Némirovsky.
Il vino della solitudine
Némirovsky Irène
Pedro Páramo è un'opera al meno. È il lavoro della sottrazione continua.Una narrazione senza le astuzie del romanzo.Un brano di Storia senza date e senza eroi.Un tempo immobile.Una metafisica senza mondo. E anche per questo sta, come un sentiero di crinale, alla svolta della narrativa ispanoamericana del Novecento.
PEDRO PARAMO
Rulfo Juan
Una donna, ormai anziana, mostra i primi segni della malattia che le toglie i ricordi, l’identità, il senso stesso dell’esistenza. È tempo per la figlia di prendersi cura di lei e aiutarla a ricostruire la sua storia, la loro storia. Inizia così il racconto quotidiano di piccoli e grandi avvenimenti, a partire dalla nascita della mamma, Esperia, e delle sue cinque sorelle, nate da un reduce tornato comunista dalla Grande Guerra e da una contadina dritta ed elegante, malgrado le fatiche della campagna, degli animali e della casa. I fili delle loro esistenze si svolgono dagli anni Quaranta fino ai nostri giorni, in un Abruzzo “luminoso e aspro”, che affiora tra le pagine quasi fosse una terra mitologica e lontana. Giorno dopo giorno sfilano i personaggi della famiglia, gli abitanti del piccolo paesino ancora senza acqua né luce; personaggi talmente legati a una terra avara, da tollerare a malapena trasferimenti a breve distanza – la ricerca di un lavoro, l’occasione di poter frequentare una scuola “in città” – partenze che si trasformano in vere emigrazioni con il solo scopo del ritorno. Sono ricordi dolcissimi e crudeli, pieni di vita e di verità, che ricostruiscono la storia di un rapporto e di un’Italia apparentemente così lontana eppure ancora presente nella storia di ognuno di noi.
MIA MADRE E’ UN FIUME
Di Pietrantonio Donatella
Charles Baudelaire e Graham Greene, rispettivamente padri nobili del flâneur metropolitano e dell’occidentale incline a perdersi in vari Orienti, sarebbero stati entrambi fieri di quel loro imprevedibile, inclassificabile, incorreggibile rampollo che risponde al nome di Lawrence Osborne. Il quale Osborne, nel Turista nudo, aveva già anticipato la tentazione di scrivere questo libro, e cioè una guida turistica che nei limiti del possibile smentisse tutte le altre («Ogni volta che la Lonely Planet dice di evitare un certo posto, perché è losco, mi ci fiondo»): ma che a differenza delle altre, anziché pretendere di edificare, divertisse. E non si può dire che non abbia tenuto fede alle promesse. A partire da un programma minimo – cioè la scelta di vivere nell’unico posto al mondo dove uno scrittore «senza un soldo, senza una carriera, senza niente» possa condurre un’esistenza accettabile –, Osborne trascorre un anno a Bangkok, lasciando che gli capiti quasi tutto: di cenare nel ristorante No Hands (dove i clienti vengono provvisti di bavaglino, e imboccati), di andare a passeggio per il mattatoio della città (dove la notte adolescenti marci di droghe sintetiche massacrano animali nel modo meno pulito e indolore possibile), di essere scelto come improbabile gigolo da una signora giapponese ovviamente feticista (e quindi fornito del - l’indispensabile kit da dottore). E lasciando che quel tutto prenda prima la forma di una vita diversa da ogni altra, poi quella di un libro altrettanto unico. Che ci offre, insieme a infinite storie, anche il regalo di una scoperta – la scoperta di come la presunta capitale di tutti i piaceri sia anche la capitale del piacere più sublime: quello che talvolta solo un onesto, morbido, contagioso dilettantismo assoluto riesce a trasmettere.
Bangkok
Osborne Lawrence
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