Narrativa

Memorie di una geisha

Descrizione: Un romanzo, attentamente documentato, che conserva l'immediatezza e l'emozione di una storia vera. Che cosa significa essere una geisha lo apprendiamo così dalla voce di Sayuri che ci racconta la sua storia: l'infanzia, il rapimento, l'addestramento, la disciplina, tutte le vicende che, sullo sfondo del Giappone del '900, l'hanno condotta a diventare la geisha più famosa e ricercata.

Categoria: Narrativa

Editore: TEA

Collana: I Grandi

Anno: 2008

ISBN: 9788850217182

Recensito da Elpis Bruno

Le Vostre recensioni

Un po’ testimonianza di un’epoca, un po’ fiaba, le “Memorie di una geishadi Arthur Golden catturano la curiosità e introducono il lettore occidentale nelle pieghe di una cultura tanto lontana (“Sui maschi giapponesi il collo e la gola esercitano di regola lo stesso fascino che hanno le gambe femminili agli occhi dei maschi occidentali”), quanto affascinante (“Nello scintoismo la morte è l’evento più impuro che si possa verificare”).

In questo commento ci soffermiamo sulla prima parte del romanzo: forse la più coinvolgente, perché indugia sui meccanismi  e sulle fasi iniziali (“I «bozzoli», come venivano spesso chiamate le ragazze per diventare geishe”) che stanno alla base di una professione quasi sempre imposta e forse brutalmente calata nella vita di una bambina sottoposta a quelle che a noi sembrano coercizioni (“Avevo fatto attenzione a non commettere nulla che potesse costarmi una punizione corporale”) e pratiche innaturali (“Quello che io chiamo il mio «sorriso nō» perché ricorda una maschera del teatro nō dai lineamenti raggelati”).

Chiyo abita a Yoroido, paese di pescatori, in “una catapecchia che avevo ribattezzato «la casa ubriaca»” perché ha “l’aspetto di un vecchio sbronzo appoggiato a una stampella”: l’infanzia è vissuta nella povertà, con una madre malata, un padre pescatore e Satsu, la sorella più grande.
Quando il futuro si fa più incerto, le due sorelle vengono indirizzate da un facoltoso signore del luogo (“Il signor Tanaka… la Compagnia ittica apparteneva alla sua famiglia”) a Kyoto (“A quei tempi, stavamo per iniziare gli anni ’30, a Kyoto c’erano ancora molti risciò”), città sorprendente (“Prima di allora non avevo mai visto un’automobile”), che costituisce novità (“Tutti i miei sensi subivano una specie di aggressione”) e premessa di un destino segnato (“Nulla, nella mia nascita e nel modo in cui sono stata allevata poteva lasciar presagire che sarei diventata una geisha di Kyoto”). Fin dal loro arrivo, le due sorelline vengono separate (“Tu vai da un’altra parte”): Chiyo – la ragazzina dai bellissimi occhi grigi – viene trattenuta in un okiya di Gioni, la zona di Kyoto ove vivono le geishe; Satsu viene spedita a Miyagawa-cho, il quartiere malfamato (“Questo è un luogo orribile. Cerca di non finire in un posto del genere, Chiyo!”) ove si pratica la prostituzione (“Il loro obi era legato sul davanti invece che sulla schiena… è il segno che contraddistingue le prostitute: una donna costretta a togliersi quella fascia più e più volte nel corso della notte non può perdere tempo a legarsela di dietro”).

La piccola Chiyo subisce i capricci della bizzosa geisha Hatsumomo (“Era crudele come un ragno”) e le intemperanze delle proprietarie della casa (“Ciò di cui abbiamo bisogno è una persona intelligente, non carina. Quella Hatsumomo è straordinariamente bella, ma pensa quanto è folle”): la Madre, accanita fumatrice di pipa e trafficante senza scrupoli, l’orrenda Nonna e la più umana Zietta. Qui la piccola per la prima volta assiste a preparativi (“Appoggiò il barattolo prese tre bastoncini di pigmento…”), manovre (“Se vi dicessi che questa crema veniva fatta con gli escrementi degli usignoli…”) e trucchi che trasformano una donna in geisha  (“Alla fine… tutto il suo volto era bianco come quello di un fantasma”).
“La successiva vestizione mi lasciò al momento sconcertata, perché chi non ha pratica di kimono non riesce a seguire le varie fasi di quell’elaborato rituale.”
Qui, con la coetanea Zucca, la ragazzina comincia  ad “andare a scuola in un altro quartiere di Gion, a prendere lezioni di musica, danza  e cerimonia del tè”, ma le angherie che subisce sono tante e tali da indurla a fuggire per ricongiungersi alla sorella (“Torneremo tutt’e due a casa”). La fuga fallisce (“Piovono bambine!”) e le ire delle proprietarie dell’okiya si abbattono su di lei (“Ti ho pagata settantacinque yen… ma da quando sei arrivata hai rovinato un kimono, rubato una spilla e ora ti sei rotta un braccio… Inoltre ci sono i pasti e le lezioni… tua sorella è fuggita… Mi devi tanti soldi che non potrai mai ripagarmi”).

Il destino di geisha sembra compromesso (“Hai idea di quanto costi?… Più di te, questo è sicuro”): al culmine della tristezza, Chiyo s’imbatte in un uomo, il Presidente (“Se fossi stata una geisha… un uomo quale il Presidente avrebbe potuto passare un po’ di tempo con me”), colui che reciterà un ruolo determinante nella storia della ragazza.
L’incontro ha un ruolo simbolico: da quel momento la vita di Chiyo cambia, grazie alla protezione dell’importante geisha Mameha (“Aveva versato il saké al grande scrittore tedesco Thomas Mann, a Charlie Chaplin, a Sun Yat-sen, e qualche anno più tardi a Ernest Hemingway…”), che intravede le sue potenzialità (“Vedo che nella tua personalità c’è molta acqua”), l’adotta come “Sorella maggiore… quando una ragazza è finalmente pronta a fare il proprio debutto come apprendista geisha, ha bisogno di avere alle spalle una collega più esperta”, e la guida nella sua riscossa contro l’invidia e le cattiverie di Hatsumomo.

La vita dell’apprendista geisha non è facile: tra studi (“Studiare lo shamisen con Maestra Topo”), sofferenze (“Più che un cuscino, è una forcella per sostenere la base del collo”) e afflizioni (“Mi faceva indossare l’abito da cerimonia… perché mi abituassi al peso”) ai limiti della tortura (“L’obi… vi stringe alla vita come se vi trovaste nelle spire di un gigantesco boa”), la giovane donna viene iniziata alla vita fatta di pose (“A causa della cera e del fondotinta… la sensazione che il mio viso fosse diventato insensibile”), cerimoniali, macchinazioni e complessi rapporti con uomini potenti.
“Una vera geisha non infangherebbe mai la propria reputazione accettando un rapporto casuale con un uomo. Non voglio dire con questo che una geisha non si conceda mai per una sola notte a un uomo che trova attraente… Ma se il tipo giusto di uomo è interessato… ad allacciare una relazione più duratura…”

Tutto è pronto per l’iniziazione sessuale della minorenne, al quale l’occidentale assiste con tristezza e sgomento, mentre il senso del sacrificio tutto giapponese e il gusto per la simbologia orientale attribuiscono un significato per certi versi incomprensibile all’atto che rappresenta il passaggio alla vita adulta.

Bruno Elpis

...

Leggi tutto

LEGGI COMMENTI ( 1 commento )

Esistono ancora le geishe? – i-LIBRI

[…] oggi noi pubblichiamo il commento al celebre romanzo di Arthur Golden, “Memorie di una Geisha”, http://www.i-libri.com/libri/memorie-di-una-geisha/, dal quale fu tratto l’omonimo film omonimo di Rob […]

Aggiungi un tuo commento

Scrivi la tua recensione

Devi effettuare il login per aggiungere un commento oppure registrati

Storia d’amore con sorpresa

"Io mi chiamo Silvano ma la provincia è sempre pronta a trovare un soprannome. E da Silvano a Silver la strada è breve". Con la sua voce dimessa e magnetica, sottolineata da una nota sulfurea e intrisa di umorismo amaro, il protagonista ci porta dentro una storia che, lette le prime righe, non riusciamo piú ad abbandonare. Con "Tre atti e due tempi" Giorgio Faletti ci consegna un romanzo composto come una partitura musicale e teso come un thriller, che toglie il fiato con il susseguirsi dei colpi di scena mentre ad ogni pagina i personaggi acquistano umanità e verità. Un romanzo che stringe in unità fili diversi: la corruzione del calcio e della società, la mancanza di futuro per chi è giovane, la responsabilità individuale, la qualità dell'amore e dei sentimenti in ogni momento della vita, il conflitto tra genitori e figli. E intanto, davanti ai nostri occhi, si disegnano i tratti affaticati e sorridenti di un personaggio indimenticabile. Silver, l'antieroe in cui tutti ci riconosciamo e di cui tutti abbiamo bisogno.

TRE ATTI E DUE TEMPI

Faletti Giorgio

Il cucciolo ha pochi giorni, è tutto rosa, e ha sul dorso una corona di aculei bianchi e morbidi, un po' scomposti. Pesa solo 25 grammi e pigola piano: ha fame, o freddo, o forse si sente solo. Un pianto tanto disperato che scalfisce la corazza di abitudini e apatia che Massimo si è costruito. È così che Ninna - sì, perché il riccetto spettinato si rivela una femmina - stravolge la sua vita con la forza della sua personalità. È curiosa e appena "annusa" novità si affaccia dal suo rifugio; è giocherellona, e si diverte a rovesciare con il naso la ciotola dell'acqua; è affettuosa e lo lecca pazza di gioia dopo una lunga assenza. Però è anche un animale selvatico e reclama la sua libertà: la gabbia le va sempre più stretta e la sua felicità è fuori nei boschi. In questo libro, Massimo Vacchetta racconta lo straordinario incontro che lo ha aiutato a uscire da un periodo buio e gli ha dato un nuovo scopo: creare un centro di recupero per i ricci, una specie minacciata dalla nostra disattenzione, e aiutare gli esemplari in difficoltà. Come Trilly l'impenitente dongiovanni, o la fragile Lisa che ha conquistato tutti con il suo sguardo, o Zoe che ha saputo resistere a ogni colpo. Animaletti feriti, maltrattati, indifesi, ma in grado di trasmettere una grande voglia di vivere.

Venticinque grammi di felicità

Vacchetta Massimo, Tomaselli Antonella

Quando una donna viene lasciata, tanto più se di punto in bianco, le ambasce del cuore possono travolgerla e spingerla a entrare nel tortuoso tunnel delle supposizioni, delle attese spasmodiche - più o meno sensate - di un segnale, magari nella speranza che non sia proprio l'ultimo e che lui ritorni. Ma così non va. C'è una cosa che le donne dovrebbero imparare dagli uomini, e cioè l'arte di dimenticare. Nessuno ci insegna come si fa ad amare, a evitare di essere infelici, a dimenticare, a spezzare le lancette dell'orologio dell'amore. Come si fa a non tormentarci, a lottare contro la tirannia delle piccole cose, a neutralizzare il complotto dei ricordi e ignorare un telefono che resta muto. Esiste qualcuno che, mentre siamo lì a singhiozzare per un torto d'amore, ci dice che un giorno rideremo di quella stessa cosa che oggi ci fa piangere? Attraverso le confidenze di amiche e conoscenti, proverbi e una ricchissima raccolta di aforismi di personaggi famosi - poeti, scrittori, filosofi arabi e non - questo libro è una sapiente e gustosa raccolta di pillole di saggezza per prendere le distanze da una storia finita e creare i presupposti per una nuova. Una meditazione piena di stile e ironia su come sopravvivere all'amore e ai suoi danni.

L’ARTE DI DIMENTICARE

Mosteghanemi Ahlam