A lettura conclusa, La Carriola di Luigi Pirandello lascia in bocca un sapore agro-dolce, come spesso accade nelle innumerevoli novelle scritte da Pirandello nelle quali l‘evento tragico-comico è descritto ricorrendo a una copiosa dose di umorismo. Apparentemente fa sorridere l’idea che il protagonista di questa vicenda narrata in prima persona, stimatissimo e rispettabilissimo professionista sposato con figli, si ritagli un momento di evasione dalla sua routine quotidiana afferrando con garbo la sua cagnetta per le zampe posteriori: “… Le faccio fare la carriola: le faccio muovere cioè otto o dieci passi, non più, con le sole zampette davanti…”. Tuttavia, andando più in profondità, emerge la singolarità di questo gesto compiuto in gran segreto e di nascosto, celato perfino agli occhi dei familiari. Il protagonista è a suo modo un uomo disperato, imprigionato in una vita in cui non si riconosce e dalla quale sente il bisogno di prendere momentaneamente congedo.
Pirandello, attraverso l’immagine del Professore, comunica uno dei suoi cavalli di battaglia, il tema della maschera, del “ruolo” in cui l’individuo rimane imprigionato, incasellato, agli occhi della società, con l’impossibilità di affrancarsi da esso. Si delinea infatti il grido di dolore dell’avvocato, dell’uomo tutto d’un pezzo che ammette: “… Non sono mai stato vivo, vedo la forma che gli altri, non io, mi hanno data e sento che in questa forma la mia vita, una mia vera vita, non c’è stata mai…………e ho nausea, orrore, odio di questo che non sono io”.
La tragedia quotidiana pare non presentare via d’uscita. Lo stimatissimo professore è pienamente conscio della certezza di dovere rimanere, a vita, intrappolato in “questa sapienza, questa dignità che mi soffoca e mi schiaccia” . Tuttavia, la catarsi, la possibilità di redenzione, di riscatto, è dimostrata proprio nell’attimo di follia, nel gesto della carriola, vissuto nella solitudine dello studio. Chi potrebbe infatti capirlo altrimenti? Certamente nemmeno la stessa cagnetta vittima suo malgrado, la cui espressione di sgomento appare evidente: “….la bestia…rimane come basita a mirarmi, con quegli occhi appannati, sbarrati dal terrore”.
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A questo link trovate il testo del racconto “La carriola” di Luigi Piranedello.
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