Narrativa

NINA DEI LUPI

Bertante Alessandro

Descrizione: Trascorsi tre anni dalla Sciagura che ha distrutto la civiltà, nel piccolo borgo di Piedimulo, una comunità di contadini sopravvissuti vive nascosta, protetta dai grandi massi di una frana. Oltre il villaggio, verso l'alta montagna, c'è il ruscello e oltre ancora i lupi. Scampata dalla metropoli in fiamme, Nina ha dodici anni. Persi i genitori durante gli anni della ferocia, ora vive con i nonni. Ma la ragazzina riconosce i segnali nel cielo e sa che un oscuro nemico sta bussando di nuovo alle porte. Nina sarà costretta a crescere in fretta, a vivere tra i lupi e - dopo la riconquista del villaggio caduto in mano a una falange di mercenari - a essere la protagonista della rinascita di quella comunità autarchica e pacifica.

Categoria: Narrativa

Editore: Marsilio

Collana:

Anno: 2011

ISBN: 9788831708579

Recensito da Lucilla Parisi

Le Vostre recensioni

Nina è la magia del coraggio e della vita in un mondo travolto dalla violenza di uomini vili e dalla distruzione irreversibile. Nina è la rinascita possibile.

Sfuggita alla follia brutale dei “predoni”, al massacro della sua comunità, alla vile esecuzione dei suoi familiari, Nina viene accolta dall’abbraccio forte e protettivo di Alessio, rifugiatosi tra le montagne per sopravvivere alla sciagura.

Il ritorno alla natura è la sola strada per la salvezza di fronte alla necrosi della civiltà, all’egoismo e alla stupidità degli uomini, al fallimento di politiche economiche aggressive, al selvaggio sfruttamento delle risorse naturali a vantaggio di pochi e al progressivo impoverimento delle terre e dei popoli. E’ il punto di inizio dopo la fine.

Non vi sono cause esterne alla distruzione. La fine del mondo arriva dall’interno: le sue radici sono nella mente dell’uomo esasperato, avvilito, frustrato ed impoverito. Vittima della sua stessa natura. La recessione, la disoccupazione, la povertà ne saranno solo la causa scatenante, la scintilla in una polveriera.

Andavamo al supermercato a riempire i nostri carrelli […]. Eravamo l’Occidente noi, eravamo le democrazie sane del benessere per tutti […] della propaganda spontanea, della convinzione, del buonsenso criminale. La crisi non poteva essere davvero una cosa pericolosa […]. Invece il nostro mondo era già marcescente. I politici sorridevano incoscienti, ci ripetevano che bisognava avere fiducia, di non perdere l’ottimismo.[…] Non eravamo abituati alla miseria. […] Reagimmo come dei selvaggi che non hanno conosciuto la civiltà. […] in pochi giorni tornammo indietro di millenni“.

Nelle pagine scritte da Alessandro Bertante si respira forte la catastrofe, prendono forma gli incubi peggiori degli uomini. E’ la fine del mondo così come te la immagini: non quella che arriva dalla natura, ma quella ancor più assurda e spietata degli uomini, capaci di annientare in poco tempo ogni traccia di crescita e cultura. La paura della fine, della sciagura imminente te la senti addosso, feroce ed incomprensibile come gli stupri ed i massacri.

Ripiombati in un passato selvaggio, è la natura con le sue rigide regole a scandire il tempo della rinascita. Dopo il buio ed il freddo dell’inverno, la primavera della civiltà è inevitabile almeno quanto il susseguirsi delle stagioni. Nina – grazie all’aiuto e all’amore di Alessio – impara ad ascoltare la natura e a rispettarne i ritmi, per diventarne parte, sopravvivere in essa e trasformarsi in leggenda.

Bertante è un maestro di magia e di parole. Nel suo romanzo – che oggi ci appare come un amaro presagio – la realtà ed il mito si confondono sapientemente creando atmosfere apocalittiche. Nel buio di una notte sospesa tra il canto delle streghe ed il freddo della Tramontana Nera, orfano di dio e della luce della luna, il lettore – travolto dai fantasmi di paure ancestrali – cercherà rifugio nella natura dei boschi, preferendo alla follia e al lamento di uomini malvagi il rassicurante ululato dei lupi, creature – da sempre – ardite ed eroiche.

Io sono una lacrima, che il sole lascia cadere/Io sono un infante, chi oltre a me?/ Io sono la regina, chi oltre a me? Io sono il grembo, di ogni madre“.

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