Narrativa

NON E’ UN PAESE PER VECCHI

McCarthy Cormac

Descrizione: Dopo l'acclamata trilogia della frontiera, il nuovo, atteso romanzo di Cormac McCarthy ha ancora una volta come sfondo il confine fra Texas e Messico. La storia è però ambientata ai giorni nostri, in un paese che, come annuncia il titolo, ha abbandonato i vecchi valori per cadere in preda a una violenza cieca e incontrollata. Questa violenza si incarna in Anton Chigurh, un assassino psicopatico munito di un'arma micidiale e di una pericolosa filosofia della giustizia. Il suo avversario, un uomo del passato che non sa farsi una ragione della ferocia del presente, è lo sceriffo Bell. Entrambi sono alla ricerca di Llewelyn Moss, un reduce del Vietnam che mentre cacciava antilopi sul Rio Grande si è ritrovato sul luogo affollato di cadaveri di una battaglia fra narcotrafficanti, e ha colto al volo un'occasione che si è rivelata troppo grande per lui. L'inseguimento si svolge lungo e oltre il confine, in un crescendo di suspense e violenza. Il destino di Moss, erede di tutti i cowboy di McCarthy e dei loro valori di dignità e onore, dipende da quale dei due inseguitori lo troverà per primo. Scritto in uno stile veloce e asciutto, crudo e implacabile come una premonizione di tragedia, con i dialoghi incisivi, decisamente cinematografici che rendono unica la scrittura di McCarthy, Non è un paese per vecchi riporta il lettore nei paesaggi del Sudest degli Stati Uniti, popolati da anime perdute, uomini che, «se uno li ammazzasse tutti, toccherebbe costruire una dépendance dell'inferno».

Categoria: Narrativa

Editore: Einaudi

Collana: Supercoralli

Anno: 2006

ISBN: 9788806179670

Trama

Le Vostre recensioni

Siamo in Texas, al confine con il Messico. Nel deserto si incrociano i destini di tre personaggi che, in piena tradizione western, si inseguono, fuggono e cercano di far rispettare ognuno la propria legge. All’orizzonte, il declino morale di una Grande Nazione e nell’aria un paio di domande. Cosa succede a un Paese quando i suoi valori cambiano? E come cambia la gente che, diventando vecchia in un paese che pretende di essere sempre uguale a se stesso ma di fatto non lo è, vede i propri valori andare a pezzi?

Non è un paese per vecchi è il primo romanzo di Cormac McCarthy ambientato in epoca contemporanea, ma l’immaginario è ancora quello del grande racconto americano in cui si fronteggiano il buono, il cattivo e il povero diavolo.

Il “buono” di questa storia è una classica figura eroica d’oltreoceano, lo sceriffo Bell, che non è solo uomo di legge ma soprattutto dispensatore di saggezza e detentore dei buoni valori di una volta. I suoi soliloqui ci ricordano principalmente che il male esiste, il mondo sta andando a rotoli e Dio è troppo occupato per curarsene.  

“Perché il più delle volte, quando dico che il mondo sta andando alla malora, e di corsa, la gente mi fa un mezzo sorriso e mi dice che sono io che sto invecchiando. E che quello è uno dei sintomi. Ma per come la vedo io uno che non sa capire la differenza fra stuprare e ammazzare la gente e masticare la gomma in classe è messo molto peggio dì me”.

La malinconica ma pacifica vita di Bell viene interrotta dalla vicenda di Llewelyn Moss, un operaio locale che trova in pieno deserto una valigetta colma di soldi accompagnata da un certo quantitativo di morti ammazzati e decide di portarsela via, inanellando una serie di errori da principiante della fuga e condannandosi così a morte certa. A McCarthy non piace dare false speranze al lettore: 

“Rimase seduto a guardare il denaro, poi richiuse la patta della cartella e abbassò la testa. Si vide passare davanti tutta la vita. Giorno dopo giorno dall’alba al tramonto fino alla morte. Tutta quanta, condensata in venti chili di carta dentro una borsa di cuoio.”

Tolto ogni dubbio sul finale, non resta che concentrarsi sulla durata della fuga di Moss e sul numero di danni collaterali che provocherà. Il demone inseguitore è Chigurh, un reduce del Vietnam psicopatico che ha trovato facilmente il suo posto in questo mondo di valori distorti.

“Non voltare gli occhi. Voglio che mi guardi in faccia.

L’uomo guardò Chigurh. Guardò la luce pallida del nuovo giorno che cominciava a spandersi dappertutto. Chigurh gli sparò in fronte e poi rimase li chino a osservarlo. A osservare i capillari che gli si spaccavano negli occhi. La luce che svaniva. A osservare la sua stessa immagine che si degradava in quel mondo sprecato.”

Ciò che unisce questi tre percorsi è, come sempre in McCarthy, il paesaggio scarno del deserto texano. Poche incursioni nella civiltà, fatte di brevi soste in pompe di benzina e roulotte, molti tramonti. Nella descrizione della natura si leggono la malinconia, l’indurimento dei suoi personaggi: cowboy stanchi di cavalcare, il cui senso di fiducia nel sogno americano è venuto meno.

“Erano le prime luci del giorno. Un’alba opaca e grigia sopra la pianura sulla sponda orientale del fiume. L’altro lato era distante quanto Dio.”

Dal romanzo è stato tratto l’omonimo film dei fratelli Cohen vincitore di quattro Premi Oscar.

...

Leggi tutto

LEGGI COMMENTI ( Nessun commento )

Aggiungi un tuo commento

Scrivi la tua recensione

Devi effettuare il login per aggiungere un commento oppure registrati

Cormac

Mccarthy

Libri dallo stesso autore

Intervista a McCarthy Cormac

Fosse vissuta sei o sette secoli fa, nelle terre umbre dov'è nata, Patrizia Cavalli sarebbe stata senz'altro una delle grandi mistiche di quel periodo. Le sue esatte visioni verbali avrebbero narrato i misteri più sensibili della divinità, e le sue estasi, i suoi terrori e le sue ebbrezze sarebbero stati registrati e trascritti con devozione dai fedeli amici intorno a lei. Nei nostri tempi, invece, Patrizia Cavalli si è proposta il compito, più arduo, di dare parola ai misteri profani di cui tutti facciamo esperienza: all'indicibile nostalgia di settembre, che ogni anno, regolarmente, ci trafigge; al pulsare frenetico della «nemica mente», quando insegue e controlla ogni lieve mutamento del corpo; alla felicità che scende, come rugiada dal cielo, se una certa luce pomeridiana si mostra all'improvviso. In ogni verso, il ragionare poetico di Patrizia Cavalli non cerca, ma trova. Il suo ardente, ostinato desiderio conoscitivo non chiede altro che arrendersi, infine, dinanzi allo stupore e all'evidenza dell'apparizione poetica. "Vita meravigliosa" rappresenta una summa della poesia di Patrizia Cavalli, attraverso le ossessioni ricorrenti, i temi e i molteplici registri stilistici che la caratterizzano. Insieme ai molti fulminei epigrammi, comici o filosofici (spesso le due cose insieme), compaiono i monologhi ipocondriaci, quasi teatrali, oltre alle tante poesie d'amore, non prive di ferocia descrittiva, e un breve poemetto, "Con Elsa in Paradiso", dove la promessa - o la minaccia? - della vita eterna apre al poeta la possibilità terrestre di «abolire, non dico la realtà / ma ogni traccia di verosimiglianza». Poco importa che il poeta dica sempre 'io': quell'io è talmente dilatato, talmente elastico da includere nella sua lingua ogni cosa, purché esista e viva.

La poesia è donna

Cavalli Patrizia

Le stazioni del vento

Nicoletta Vinciguerra

Per spalancare il panorama di meraviglie che l'universo naturale contiene non occorrono grandi spedizioni, possono bastare un parco cittadino, un balcone, persino una fessura nel pavimento di casa. Tenendo gli occhi e la mente bene aperti impareremo a decifrare le voci delle rondini e le abitudini dei merli, ad amare alcuni insetti e a combatterne altri, a seguire il ritmo con cui di stagione in stagione si vestono e si svestono gli alberi, dal flessuoso salice al burbero castagno. Seguire i voli delle rondini o le fioriture delle veroniche. Scoprire che il rospo si «innamora» per primo e che il picchio sa vedere nel futuro. Ricordare che della pervinca scriveva Giovanni Pascoli, dell'usignolo John Keats, e dell'upupa il poeta persiano Farid ad-din Attar. Per spalancare il panorama di meraviglie che l'universo naturale contiene non occorrono grandi spedizioni, possono bastare un parco cittadino, un balcone, persino una fessura nel pavimento di casa. Tenendo gli occhi e la mente bene aperti impareremo a decifrare le voci delle rondini e le abitudini dei merli, ad amare alcuni insetti e a combatterne altri, a seguire il ritmo con cui di stagione in stagione si vestono e si svestono gli alberi, dal flessuoso salice al burbero castagno. «Da quando ho memoria di me, le scienze naturali sono sempre state la mia unica vera passione» ricorda Susanna Tamaro. Una passione mai sopita e che in un tempo di lutti e difficoltà come l'attuale si impone come una necessità, quella di tornare a meravigliarsi, a provare gratitudine per la ricchezza e lo splendore dell'esistente. Il suo «taccuino di appunti» prende vita lungo i mesi grazie a un'osservazione quotidiana colta e intima, che si incanta per il volo delle coccinelle e dialoga con i grandi autori del passato, da Plinio il Vecchio a Charles Darwin. Ritroviamo così una dimensione domestica e sorprendente della natura che appartiene a tutti noi e che abbiamo il diritto di conoscere di più e meglio: perché la conoscenza è la prima e più necessaria forma dell'amore.

Invisibile meraviglia

Tamaro Susanna

Il male supremo, quello banale e terrestre, disappropriante e dissociativo, esiste. Il male è Luciano Lualdi, l’impresario più importante dello star system nostrano, l’uomo che influisce sulla vita politica e sottoculturata dell’Italia targata talent. Demiurgo spietato di tronisti palestrati e starlette anoressiche, Lucio succhia dall’interno la linfa vitale dei nuovi ragazzi di vita: la folla votata al palcoscenico per imporre il proprio nome, le proprie vocazioni inesistenti, la propria inconsistenza – cifra di un’intera nazione ipnotizzata davanti allo schermo televisivo. Ingenua vittima sacrificale è Christian Russo, muscoloso, ventenne, occhi chiari trasparenti, con una malattia che gli rode l’anima e una che gli toglie il respiro. Christian, il burattino, e Lucio, l’arbitro dei destini: un incastro tra identità speculari, perfetto fino quando l’ironia tragica della realtà stravolge quell’equilibrio. A raccontare questa storia è Teresa Ciabatti, cantrice della nostra contemporaneità, con meccanismo narrativo perfetto, che si intrude nel vilipendio morale e fisico che è la cifra del nostro presente. La scrittura affonda il bisturi laddove la malattia scintilla, sprofondando nell’epica trash italiana di oggi, che in Tuttissanti si narra e trionfa, in una ricognizione drammaturgica del disagio e del formidabile di un’epoca. Una forma di racconto che pendola tra realismo apparente e trance, tutt’altro che immaginaria.

TUTTISSANTI

Ciabatti Teresa