Letteratura femminile

Prendila così

Didion Joan

Descrizione: In un'esclusiva clinica neuropsichiatrica di Los Angeles Maria Wyeth, attrice fallita, ripensa alla sua vita, frammentata in episodi che appaiono ormai distanti e freddi come gli astri nella volta celeste. Dal deserto del Nevada alle colline di Hollywood, da modella a protagonista in film minori: la sua parabola è quella di una stella che non ha mai davvero brillato. Dopo anni di scelte sbagliate e di ferite emotive, Maria ha smesso di provare ogni sentimento e lascia che la vita le passi accanto. Anestetizza il dolore guidando per ore senza meta sulle autostrade della California, navigando nel traffico come nelle acque di un immenso fiume. Nonostante tutto, continua a voler giocare la sua partita forse motivata dall'unica scintilla d'amore che riserva per Kate, la figlia malata che vede di rado. Joan Didion seziona con la sua penna affilata la fauna umana che orbita intorno a Hollywood, che sfodera sorrisi e false promesse in infiniti cocktail party, che teme il fallimento come una malattia infettiva, pronta a tutto pur di riempire il vuoto che la assedia. Romanzo dalla lingua essenziale e spietata, "Prendila così" fotografa gli aspetti più vacui e autodistruttivi della società americana, raccontando quanto sia doloroso vivere e quanto più facile semplicemente esistere.

Categoria: Letteratura femminile

Editore: Il Saggiatore

Collana:

Anno: 2014

Traduttore: Adriana Dell’Orto

ISBN: 9788842818373

Recensito da Lucilla Parisi

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I fatti sono questi. Ora me ne sto distesa al sole e faccio un solitario e ascolto il mare (il mare è laggiù ai piedi della scogliera ma non mi è permesso nuotare, soltanto la domenica quando siamo accompagnate) e guardo un colibrì. […] Mi sforzo di vivere nel presente e di tenere lo sguardo fisso al colibrì. Non vedo nessuno di quelli che conoscevo un tempo, ma del resto me ne importa pochissimo di un sacco di persone. Voglio dire, forse avevo tutti gli assi nella manica, ma a che gioco giocavo?

Maria Wyeth (si pronuncia Mar-ai-a) non ha più risposte alle tante e continue domande che la gente non si è ancora stancata di rivolgerle. In realtà non le interessa. In realtà quella era un’altra vita, a Los Angeles, e non conta più nella clinica neuropsichiatrica dove si trova, ora che la piccola Kate non è più con lei. Da questo luogo parte il resoconto di ciò che era stata prima la sua vita, da prima che tutto accadesse: l’abbandono del marito Carter, il ricovero della piccola Kate, il fallimento della sua carriera di giovane attrice e l’aborto.

Flashback e ritorni, un susseguirsi quasi onirico di eventi, incontri, dialoghi spezzati. Il tempo scorre, impietoso, sotto il sole accecante di una Los Angeles inospitale, con le ville milionarie a tappezzare il paesaggio quasi irreale e la sfavillante mondanità a fare da contorno alle tragedie umane e familiari di personaggi noti e irrimediabilmente perduti. Maria si è tolta la maschera e l’ha tolta ad una città da cui fugge più e più volte, correndo su le strade più note e letterarie del pianeta, dove tutto può accadere, anche perdersi.

Maria a bordo della sua Corvette taglia il vento, sulla “San Diego fino alla Harbor, la Harbor su su fino alla Hollywood, la Hollywood fino alla Golden State, la Santa Monica, la Santa Ana, la Pasadena, la Ventura”, per poi tornare a Beverly Hills, nella sua casa vuota.
E’ pesante ciò che Maria si porta dentro, un senso di colpa che neppure l’alcol e gli psicofarmaci riescono ad anestetizzare: la morte della madre in un incidente nel Nevada, quando lei si trovava a New York, si ripropone nella sua mente come un evento inaccettabile; la malattia della figlia Kate e il suo allontanamento sono ferite troppo profonde da curare e il naufragio del matrimonio con Carter rappresenta la dolorosa fine di un sogno. Non c’è nulla che può alleviare il vuoto di Maria e la cinica realtà che la circonda e in cui non si è mai riconosciuta la costringe a uno straniamento e un isolamento necessari. Non vi è salvezza, non vi è via di fuga che possa salvarla.

E adesso era l’ora in cui in tutte le case del vicinato le belle donne si profumavano e si infilavano braccialetti di smalto e davano il bacio della buonanotte ai loro bei bambini, l’ora della grazia apparente e della musica promessa, e persino lì, nel giardino di Maria, l’aria odorava di gelsomino e l’acqua della piscina toccava i trenta gradi. L’acqua della piscina toccava sempre i trenta gradi ed era sempre pulita. Era contemplato nel contratto d’affitto. Che Carter potesse o meno permettersi quell’affitto, che fosse un mese come quello, in cui faceva un sacco di soldi, o un mese in cui gli avvocati parlavano di bancarotta, due volte alla settimana veniva l’uomo a svuotare la piscina e quattro giorni alla settimana veniva l’uomo a occuparsi delle rose, e l’acqua nella piscina era a trenta gradi. A volte a Maria veniva in mente che forse venivano nello stesso modo anche i bei bambini e i braccialetti di smalto, ma non le piaceva pensarci.

Joan Didion con Play it as it Lays (titolo originale) uscito nel 1970 e pubblicato dal Saggiatore nel 2014 con la traduzione di Adriana Dell’Orto, ci regala il ritratto impietoso di un’America tradita dai suoi stessi sogni. L’America delle false promesse proprio nei luoghi in cui la fama, il denaro e il potere rappresentano un traguardo irrinunciabile. Una popolazione di derelitti che finge una sanità morale e mentale di fatto già compromesse dalla droga e dal nulla esistenziale. Una società in putrefazione che non ha più nulla da dare e salvare e Maria è una delle tante vittime consapevoli di questo dramma.
Il gioco perverso in cui la protagonista si lascia trascinare si rivela al lettore per quello che realmente è: la rapida e lucida autodistruzione di una giovane donna profondamente segnata dalla disumanità e inevitabilmente rassegnata al niente, che poi è ciò che rimane dopo i sentimenti e i sogni perduti. La sensazione è che il fallimento e il dolore siano impressi sulla sua pelle sin dalla nascita. Una predestinata.
Joan Didion ce la racconta così la sua Maria, senza via di scampo, e lo fa con ferocia e passione. La sua scrittura è una continua sorpresa: sconvolge e contamina.

Vi fu un silenzio. Qualcosa di reale stava accadendo: ed era, né più né meno, la sua vita. Se riusciva a tenerselo bene in mente, avrebbe potuto recitare la parte fino in fondo, fare la cosa giusta, qualsiasi cosa significasse.

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