
Le notti di Reykjavik
Indridason Arnaldur
Descrizione: In quel fine ottobre del 1929 sferzato dal vento e da una pioggerella fastidiosa e insistente, a Bellano non succede nulla di che. Ma se potessero, tra le contrade volerebbero sberle, eccome. Le stamperebbe volentieri il maresciallo dei carabinieri Ernesto Maccadò sul muso di tutti quelli che si credono indovini e vaticinano sul sesso del suo primogenito in arrivo, aumentando il tormento invece di sciogliere l'enigma, perché uno predice una cosa e l'altro l'esatto contrario. Se le sventolerebbero a vicenda, e di santa ragione, il brigadiere Efìsio Mannu, sardo, e l'appuntato Misfatti, siciliano, che non si possono sopportare e studiano notte e giorno il modo di rovinarsi la vita l'un l'altro. E forse c'è chi, pur col dovuto rispetto, ne mollerebbe almeno una al giovane don Sisto Secchia, coadiutore del parroco arrivato in paese l'anno prima. Mutacico, spento, sfuggente, con un naso ben più che aquilino, don Sisto sembra un pesce di mare aperto costretto a boccheggiare nell'acqua ristretta e insipida del lago. Malmostoso, è inviso all'intero paese, perfino al mite presidente dei Fabbriceri, Mistico Lepore, che tormenta il prevosto in continuazione perché, contro ogni buon senso, vorrebbe che lo mandasse via. E poi ci sono sberle più metaforiche, ma non meno sonore, che arrivano in caserma nero su bianco. Sono quelle che qualcuno ha deciso di mettere in rima e spedire in forma anonima ai carabinieri, forse per spingerli a indagare sul fatto...
Categoria: Narrativa
Editore: Garzanti
Collana: Narratori moderni
Anno: 2014
ISBN: 9788811684589
Reykjavik, estate 1976. L'agente Erlendur, ventottenne, presta servizio nella polizia stradale e passa le notti di pattuglia. La routine è sempre la stessa: incidenti stradali, piccoli furti, schiamazzi davanti ai locali, risse tra barboni. Ed è proprio in queste notti di lavoro che nel giovane Erlendur inizia a delinearsi l'interesse per le persone scomparse, per chi misteriosamente viene inghiottito dal nulla. Poi una notte, un caso diverso: alcuni ragazzini trovano il corpo senza vita di un barbone, annegato nelle acque basse di un canale. Erlendur è il primo a presentarsi sul posto e riconosce nel senzatetto una sua vecchia conoscenza, Hannibal, che aveva incontrato più volte durante i giri di pattuglia in centro e che l'aveva particolarmente colpito per la profonda disperazione. Ma quella stessa notte scompare anche una donna dei quartieri alti, una giovane moglie infelice. Due casi assolutamente diversi, senza nessun punto di contatto, se non per la cocciutaggine di Erlendur che inizia una sua indagine privata...
Le notti di Reykjavik
Indridason Arnaldur
Elena è una ragazza madre. Giulio, il suo primo amore, ha abbandonato lei e il piccolo Giovanni, detto Anni. Elena ha bisogno di un lavoro, per inseguire il suo sogno di fare l’attrice decide di lasciare la pellicceria di Margoni, e lui che pure è innamorato di lei, fa di tutto per aiutarla procurandole un lavoro come attrice. Un giorno Elena incontra Pietro, ricco bello e sfrontato, che la corteggia insistentemente e lei, anche se sa di essere solo una delle tante conquiste, si lascia sedurre. Nel frattempo, rifiuta le avances del suo capo Tauscher e perde il lavoro. Scopre che Pietro sta per sposarsi con un’altra donna e si ritrova sola. Senza lavoro e senza protezione inizia una carriera nel cabaret. Solo un colpo di fortuna la salva: il suo capo la aiuta, Margoni la riprende a lavorare in pellicceria e Pietro, di cui ormai è innamorata, torna per vivere con lei qualche mese d’amore, finché la loro storia non si scontra con le comodità di una vita troppo bella per potervi rinunciare, e Pietro scappa. Così, sconfitta e delusa, Elena torna a quello che conosce e che spera di riuscire ad amare: il lavoro, l’affezionato Margoni, la casa, il figlio. Tranquilla e rassegnata, vive anni sereni, finché un nuovo vecchio amore, il terzo amore appunto, non torna a risvegliare in lei il suo inesausto bisogno di avventura.
Appuntamento a Trieste
Scerbanenco Giorgio
Napoli, marzo 1931, mentre un inverno particolarmente rigido tiene la città stretta in una morsa di gelo, un assassinio scuote l'opinione pubblica per la ferocia con cui il crimine è perpetrato e per la notorietà del morto. Il grande tenore Arnaldo Vezzi viene trovato cadavere nel suo camerino al Teatro San Carlo prima della rappresentazione de "I Pagliacci", la gola squarciata da un frammento acuminato dello specchio andato in pezzi. Artista di fama mondiale, amico del Duce, uomo egoista e meschino: a ricostruire la personalità della vittima e a risolvere il caso è chiamato il commissario Luigi Alfredo Ricciardi, in forza alla Squadra Mobile della Regia Questura di Napoli. Investigatore anomalo, mal sopportato dai superiori per la sua insofferenza agli ordini e temuto dai sottoposti per il suo carattere chiuso ed enigmatico, Ricciardi coltiva nel suo animo tormentato un segreto inconfessabile: fin da bambino "vede i morti" - ma solo chi muore di morte violenta - , coglie la loro immagine nell'ultimo momento di vita e ascolta le ultime parole, "il Fatto" come lo chiama lui, lo aiuta nelle indagini. Affiancato dal brigadiere Maione, il commissario interroga il personale del San Carlo, incontra l'affascinante Livia e ascolta le considerazioni di Don Pierino; comprende che molti avrebbero avuto un buon movente per uccidere Vezzi. Interprete del disagio della città, attento alle esigenze dei più deboli, Ricciardi risolve brillantemente il caso seguendo il suo senso di giustizia.
Il senso del dolore
De Giovanni Maurizio
Si può sparire nel nulla a undici anni? Si può far pagare a un bambino per le colpe degli adulti? No che non si può, pensa il commissario Sergio Striggio al suo primo incarico a Bolzano. Ha chiesto lui di essere mandato in una sede abbastanza lontana da Bologna – ma non troppo, perché nella sua città natale vive ancora l’anziano padre, da poco rimasto vedovo per la seconda volta. Per i due uomini è giunto il momento di riaprire un contenzioso antico: Pietro, che è stato a sua volta poliziotto, non perdona al figlio di averlo voluto imitare. Aveva per lui una prospettiva diversa, e ora tra loro si è insinuato il peso di tutte le cose che non sono mai riusciti a dirsi veramente. La ricerca del bambino scomparso per il commissario Striggio è qualcosa di più che lavoro: diventerà ben presto un viaggio dentro se stesso, in cui fare i conti con la sua identità. Perché al centro di ogni indagine c’è un punto oscuro, e nell’animo di ogni indagatore un luogo inesplorato.
Del dirsi addio
Fois Marcello
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