Saggi

Sette lezioni sul pensiero globale

Morin Edgar

Descrizione: Le nostre conoscenze sull’umano, sulla vita, sull’universo, sono in piena espansione. Sono anche separate e disperse. Come legarle fra loro? Come affrontare problemi che sono nello stesso tempo complessi e vitali? La risposta di Edgar Morin è luminosa di intelligenza e accessibile a tutti. L’autore ci invita a “pensare globale”, cioè a considerare l’umanità nella sua natura “trinitaria”, poiché ciascuno è nello stesso tempo un individuo, un essere sociale e una parte della specie umana. L’umanità è trascinata nella corsa sfrenata della mondializzazione: la riflessione di Morin ci propone di scrutare il suo futuro senza cedere alla facilità dei luoghi comuni né alle ingiunzioni dell’attualità.

Categoria: Saggi

Editore: Raffaello Cortina

Collana: Temi

Anno: 2016

ISBN: 9788860308665

Recensito da Luigi Bianco

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Edgar Morin, Sette lezioni sul pensiero globale

“Ma oggi, nella nostra conoscenza e nel nostro insegnamento, l’umano è occultato, ignorato, dimenticato nella sua unità e nella sua diversità.”

Oggi più che in altre epoche, siamo cittadini di un mondo complesso, articolato, schiavo di sé stesso ma in continua, avida avanzata senza ormai un futuro certo, ben definito. Siamo chiamati a vivere, a relazionarci, a fare politica, a gestire un pianeta che, per dirla con Moravia, non ha più come fine l’umanità né il suo benessere. Proprio oggi e nella nostra società, dunque, una domanda tanto profonda e articolata, quanto semplice e disinteressata, acquista un valore davvero portante e fondamentale: cosa significa essere uomo? E ancora: cosa significa agire, muoversi, pensare, in una sola parola vivere oggi nel nostro mondo? È proprio il celebre sociologo e filosofo francese Edgar Morin a fornirci una prospettiva, una visione che parte dall’uomo, ma inevitabilmente si estende alla sua globalità e universalità, con Sette lezioni sul pensiero globale. Perché studiamo fin dai primi anni d’istruzione l’uomo, animale complesso e mai del tutto definibile, in tre sfere ben distinte e poco collegabili date dalla biologia, dalla sociologia e dall’antropologia? E perché, per quanto gli studi biologici e scientifici procedano senza alcun arresto, non si riesce ancora a comprendere e a spiegare appieno e in maniera soddisfacente l’uomo in ogni aspetto dell’agire nel mondo, del relazionarsi con altri uomini, del provare sentimenti devastanti e irrazionali? Deliziosa dialettica fra prosa e poesia della vita, l’una compie l’animale uomo, l’altra l’uomo umano.
Viviamo oggi in un momento che è insieme statico e di passaggio, putrido e metamorfico, difficilmente afferrabile e deducibile dall’interno. I fenomeni di mondializzazione e globalizzazione, legati insieme ma distinti e affondanti le radici nella preistoria, vengono qui analizzati e, per certi aspetti, spogliati dalle accezioni negative: la nostra vita è nel mondo, e il mondo costituisce la nostra vita; la crescita, per essere davvero positiva, deve procedere in parallelo sia sul piano globale, sia sul piano individuale. Dobbiamo inoltre comprendere che la proiezione verso il futuro non è più la stessa: il futuro che abbiamo ricevuto in eredità dalla modernità è definitivamente morto e il progresso non costituisce più la nostra speranza. L’uomo, per di più, è ormai totalmente immerso e pervaso dal concetto di trans-umanità, ossia dell’avvento e della fusione definitiva della tecnologia nell’esperienza umana. Cosa ne sarà di noi e della nostra umanità? Forse la nostra è solo un’epoca buia, la preistoria di un’altra umanità in arrivo, imminente, sempre più presente: forse «viviamo l’inizio di un inizio». E tanto basta.

È un libro breve, essenziale, in cui il superfluo e l’esemplificazione sono lasciati da parte, inutile fardello del pensiero, per far posto a una scrittura chiara, leggibile, che mostra una reale visione d’insieme fra il passato e la nostra esperienza quotidiana, anche proiettata verso il futuro. Leggere, appassionarsi, capire diviene qui, oltre che un piacere, anche un imprescindibile dovere morale che abbiamo nei confronti dell’umanità, della nostra civiltà. L’uomo è e resta uomo nel corso della storia: ma cosa succede se più sistemi complessi, universali, si avvicinano per unirsi inscindibilmente? L’uomo resta uomo, è vero, ma il pensiero ha sempre più l’obbligo di divenire complexus, ossia legato, contestualizzato, in grado di comprendere davvero cosa il mondo stesso cerca di comunicarci senza tregua: un pensiero, dunque, che ha sempre di più l’obbligo di divenire globale.

Luigi Bianco

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A quante parti di noi siamo disposti a rinunciare per continuare a essere noi stessi? E soprattutto: dove abbiamo lasciato ciò che non ci siamo portati dietro? Quali case lo custodiscono in segreto o lo tengono in ostaggio? Per raccontare la vita di un uomo, l’unica possibilità è setacciare le sue case, cercare gli indizi di quel piccolo inevitabile crimine che è dire “io” sapendo che dietro c’è sempre qualche menzogna. Il libro delle case è la storia di un uomo – “che per convenzione chiameremo Io” –, le amicizie, il matrimonio nel suo rifugio e nelle sue ferite, la scoperta del sesso e della poesia, il distacco da una famiglia esperta in autodistruzione. La storia di Io salta di casa in casa, su e giù nel tempo, ciascuna è la tessera di un puzzle che si compone tra l’ultimo quarto del millennio e il primo degli anni zero: è giovane amante di una donna sposata in una casa di provincia, infante che insegue una tartaruga in un appartamento di Roma mentre dalla tv si rovesciano le immagini di Aldo Moro sequestrato e del corpo di Pasolini rinvenuto all’Idroscalo; è marito in una casa borghese di Torino, bohémien in una mansarda di Parigi e adulto in carriera in un albergo londinese; ragazzo preso a pugni dal padre in una casa di vacanza, e studente universitario buttato sopra un materasso; poi semplicemente un uomo, che si tira dietro la porta di una casa vuota. Costruito come una partita di Cluedo o un poliziesco esistenziale, Il libro delle case è un viaggio attraverso i cambiamenti degli ultimi cinquant’anni, nelle sue geografie, nelle sue architetture reali così come in quelle interiori, i luoghi da cui veniamo e quelli in cui stiamo vivendo, le palazzine di periferia degli anni sessanta, lo sparo che cambia il corso della storia, e il bacio rubato dietro una tenda. In un romanzo unico per costruzione, poesia e visionarietà, Bajani traccia il grande affresco di un’educazione sentimentale a metri quadri. La vita che succede è soprattutto la vita nelle stanze.

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