
Antigone
Sofocle
Descrizione: Per cucinare gli spaghetti all'assassina, il piatto più famoso di Bari, ci vuole la padella in ferro nero che si trova solo nella città vecchia. Ed è proprio lì che sorge il ristorante di Colino Stramaglia, inventore della famosa ricetta. Una mattina di primavera, all'apertura del locale, il grande chef viene trovato morto ammazzato in maniera talmente efferata da far sospettare un torbido movente passionale. Quale grave sgarbo avrebbe commesso l'illustre personaggio per meritare una fine così orrenda? E quanti misteri si celano dietro al mondo sempre più competitivo dell'alta cucina? Fra le persone informate sui fatti, un affascinante cuoco algerino, una spogliarellista brasiliana e un capocameriere con un'aria da becchino uscito da un film western. A indagare è il commissario Lolita Lobosco, che stavolta trova imbrattate di sangue le sue due attività preferite: l'amore e la cucina. Sullo sfondo di una città sempre più pulp, una nuova intricata indagine, con fosche tinte da noir mediterraneo, metterà a dura prova l'abilità e l'istinto della caparbia investigatrice barese.
Categoria: Giallo - thriller - noir
Editore: Sonzogno
Collana: Romanzi
Anno: 2015
ISBN: 9788845426049
Una nuova traduzione dell'Antigone di Sofocle dovuta al filosofo Massimo Cacciari. La tragedia sarà nei teatri italiani nei primi mesi del 2007 con la regia di Walter Le Moli. La traduzione di Cacciari, insieme alla regia di Le Moli, intende ritrovare l'afflato politico di una tragedia che è archetipo sociale, fondamento di una democrazia dialettica e discorsiva, in cui la partecipazione del cittadino alla vita della polis era fattivamente attiva. In questa prospettiva, lo scontro ideologico e dialogico tra Antigone e Creonte ritrova la forza propulsiva originaria, tanto da suggerire spunti di riflessione di grande attualità, capaci di superare il dato eminentemente teatrale: non personaggi visti in prospettiva psicologica, ma vere e proprie funzioni tragiche mosse dal Coro che diventa il vero motore, quasi un simbolo di ciò che resta, ovvero la sopravvivenza della città allo scontro di due concrezioni emblematiche della hybris.
Antigone
Sofocle
"In quei giorni di combattimento gli aerei russi ci lanciarono sulle nostre linee dei volantini, invitandoci alla diserzione. In tali messaggi ci ricordavano le festività di Natale, le nostre mogli, i nostri figli e i familiari. Ci dicevano: ‘Perché siete venuti qui in Russia a combattere contro un popolo che non ha mai minacciato di invadere l’Italia?’ Quindi concludevano dicendo di tornare a casa o di darci prigionieri.” I racconti di guerra non sono tutti uguali. Ogni ricordo ha la caratteristica di essere l’esperienza di una vita, di una vita che ha potuto raccontare ciò che realmente è successo. Non quindi il racconto dei vincitori, non quello dei vinti ma le parole di un uomo che durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale si è trovato in terra straniera, lontano dai familiari, in un luogo del quale non si conosceva nulla con una sola convinzione: sarà breve. L’unica convinzione che Alfonso Di Michele aveva si è dimostrata errata. “Io, prigioniero in Russia”, edito nel 2008 dalla casa editrice L’Autore Firenze Libri e dopo numerose ristampe edito dalla casa editrice La Stampa Editore, ha venduto 50.000 copie ed è la seconda pubblicazione dell’autore Di Michele Vincenzo, scrittore e giornalista pubblicista. La prima pubblicazione è avvenuta nel 2006 “La famiglia di fatto” e l’ultima risale al 2010 “Guidare oggi”. Tre libri che sottolineano la poliedricità di contenuti e la salda attenzione verso la società. “Io, prigioniero in Russia” è il diario di un uomo che a distanza di 50 anni dagli episodi narrati ha sentito il bisogno di lasciare la sua personale testimonianza. Un’esperienza, quella della campagna in Russia, che ha solcato profondamente lo spirito ed il corpo e che doveva esser raccontata per sottolineare che protagonista della guerra è stato il popolo; per questo “Io, prigioniero in Russia” è sinonimo di “guerra vista con gli occhi dell’uomo comune”. Alfonso Di Michele (1922, Intermesoli fraz. Pietracamela – 1993, Roma) è stato uno dei 10.000 reduci che hanno avuto la fortuna di tornare in Italia, 10.000 su 200.000 soldati inviati per la campagna in Russia. Un diario che amorevolmente il figlio Enzo Di Michele ha curato e pubblicato per condividere questa preziosa documentazione storica su un argomento scottante sul quale si vuole tacere. “C’era la fame; una fame di quelle vere che ti istradava il cervello verso un unico pensiero. Mangiare, mangiare; sempre mangiare. Solo chi ha vissuto una simile esperienza può comprendere quali variegate sensazioni si provano, quando lo stomaco incessantemente ti reclama il cibo. È veramente un’ossessione trascorrere la giornata nel pensare a qualcosa da mettere sotto i denti, e ancora più ossessionante è il pensiero mirato all’escogitare delle possibili soluzioni per procurarsi il cibo.” Tredici capitoli nei quali passo passo Alfonso Di Michele ci racconta della sua vita, di chi era, di quando è partito da Intermesoli piccolo paese alle pendici del Gran Sasso, delle sue speranze, delle sue convinzioni, del gelido freddo russo, della gentilezza delle donne russe, della battaglia, delle differenze con i soldati tedeschi, dei temuti lager dei quali si evita in genere di parlare, della marcia del ‘davai’, della prigionia, del cannibalismo, del tifo petecchiale, della fame ossessiva, degli amici morti per denutrizione, delle mancate informazioni, del ritorno a casa. “Il primo abbraccio fu quello ai miei fratelli e al mio compare allorché mi vennero a prendere per riportarmi a casa. In quel 7 dicembre del 1945, in una notte decisamente invernale con i fiocchi di neve che si aggrappavano delicatamente sui tetti delle case, peraltro già carichi di un consistente strato di manto nevoso, si consumava l’insperato ritorno al mio paese.” Per coloro che volessero saperne di più dell’autore lascio il link diretto che riporta direttamente al suo curatissimo sito nel quale potrete seguire le novità sulle sue pubblicazioni ed eventi: http://www.vincenzodimichele.it/ Vincenzo Di Michele è anche su Facebook: http://www.facebook.com/pages/Vincenzo-di-Michele/148568031840673?ref=ts&sk=wall
Io, prigioniero in Russia
Di Michele Vincenzo
Un vocabolario che comincia con un "abbraccio" e prosegue con "cuore", "dedica", "incontro", "notte", e "piangere" in cui Barthes interviene con il suo sottile ingegno di linguista a collezionare tutti questi discorsi spuri in un unico soliloquio. Per il grande pensatore francese l'amore è un discorso sconvolgente ed egli lo ripercorre attraverso un glossario dove recupera i momenti della "sentimentalità", opposta alla "sessualità", traendoli dalla letteratura occidentale, da Platone a Goethe, dai mistici a Stendhal. Si realizza così un repertorio suffragato da calzanti riferimenti letterari e da obbligati riferimenti psicanalitici sul lessico in uso nell'iniziazione amorosa.
Frammenti di un discorso amoroso
Barthes Roland
Per pagarsi gli studi di recitazione, Lisa lavora in un bar di Manhattan. Una sera conosce Arthur, un giovane medico di pronto soccorso che sembra avere tutte le carte in regola per piacerle, e Lisa in effetti ne rimane subito affascinata. Ma Arthur nasconde una storia che lo rende diverso da chiunque abbia incontrato prima d'ora: possiede un faro, ricevuto in eredità dal padre, una torre battuta dai venti in riva all'oceano nelle cui acque suo nonno è misteriosamente scomparso alcuni decenni prima. Il dono gli è stato fatto a una condizione: Arthur non deve aprire la porta metallica della cantina. Malgrado la promessa fatta al padre, il giovane non trattiene la sua curiosità, spalancando la porta su un terribile segreto da cui sembra impossibile poter tornare indietro. Riuscirà l'amore per Lisa a dargli la forza necessaria per superare le insidie di una folle corsa contro il tempo?
L’istante presente
Musso Guillaume
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