Letteratura femminile

Una comunità perduta

Descrizione: Un senatore dell’antica Roma, giunto al termine della vita, decide di intraprendere la sua ultima impresa: il racconto della storia dell’umanità. La sua narrazione si incentra sul popolo delle Cleft, una comunità ormai scomparsa di donne che vivevano in una sorta di paradiso terrestre, procreando senza essere fecondate dagli uomini e mettendo al mondo solo bambine, destinate a perpetuare la loro specie. Ma la nascita inattesa di una creatura strana e sconosciuta, un maschietto, infrange per sempre l’armonia della piccola comunità, mettendone a repentaglio l’esistenza stessa.

Categoria: Letteratura femminile

Editore: Fanucci

Collana: Collezione Vintage

Anno: 2007

ISBN: 9788834713822

Recensito da Lucilla Parisi

Le Vostre recensioni

Senza maschi, o Monsters, non avevano nemmeno bisogno di pensare a loro stesse come Cleft; senza l’opposto, inutile affermare la propria identità. Quando era venuto al mondo il primo piccolo Monster, era nata anche la contrapposizione tra maschi e femmine; prima c’erano semplicemente essere umani.

Di questo si tratta. Di un romanzo a tutti gli effetti al femminile. L’origine della specie umana per Doris Lessing è una comunità perduta di sole femmine, le Cleft appunto, da cui tutto ha avuto origine.

I miti a noi più noti, come la nascita di Afrodite dalla spuma del mare, sembrano avere origini ben più antiche. Le Cleft sono creature marine, dai corpi  modellati dalle onde del mare, vissute millenni fa e capaci di procreare senza essere fecondate dagli uomini.

Donne che generano donne, senza traccia di soggetti maschili, vivono in una sorta di paradiso naturale, tra le grotte e il mare, nella più completa pace e tranquillità, dedite solo alla cura reciproca e ad accudire le più giovani, tra riti ancestrali e bagni di sole, forse su qualche isola del Mediterraneo.

Vivevano sulle rive di un mare dalle tiepide acque, su un’isola in effetti molto vasta, ma senza allontanarsi mai dai quei luoghi. Erano creature marine, si nutrivano di pesce, alghe e frutti che crescevano in prossimità della spiaggia. […] Il loro era un eterno presente. Da quanto tempo? Domanda inutile. 

Ma qualcosa, un giorno, accade. Qualcosa non torna. Viene generato il primo maschio, un essere mostruoso dotato di un orribile apparato genitale, incapace di generare. Ecco il primo piccolo  Monster capace di destabilizzare, con il suo pianto irrequieto e il suo corpo deforme, la comunità femminile. Alla prima nascita anomala ne seguiranno altre, ma i piccoli Monsters, anziché venire subito uccisi, vengono torturati e abbandonati al loro destino sulla cima del monte, in balia delle aquile. Con il passare del tempo, i piccoli maschi – messi in salvo dagli stessi rapaci e allattati da giovani cerve – diverranno uomini e il loro destino si completerà, irrimediabilmente, con quello delle Cleft.

Erano selvaggi e irrequieti, quei primi maschi, nostri progenitori così remoti.

La fusione inevitabile delle due comunità avrà inizio con l’accoppiamento – a volte decisamente violento e promiscuo – tra maschi e femmine, per poi proseguire attraverso un progressivo adattamento delle due distinte comunità ai reciproci ritmi e inclinazioni. Le Cleft smetteranno di procreare autonomamente e verranno fecondate solo dai Monsters.

Le femmine persero la capacità di farsi ingravidare da un vento fecondatore, o da un’onda che recava in sé la fertilità; non concepivano se non a opera dei maschi. Sia agli uni che alle altre ci volle un po’ per comprenderlo. A un certo punto nelle femmine dev’essere intervenuta questa consapevolezza, probabilmente dolorosa: che, cioè, non potevano avere figli senza i maschi.

La magia della comunità delle femmine lascerà il posto a una nuova realtà ben lontana dalla pace a cui le Cleft erano abituate. Oltre alle evidenti differenze fisiche, tra maschi e femmine ci sono abissi mentali e comportamentali tali da rendere inevitabile il conflitto.

Tutti i bambini nascevano nelle caverne che dominavano la spiaggia, e giocavano in mezzo all’acqua, senza pericoli. La maggior parte delle femmine viveva nelle caverne, non amando il luogo in cui di solito dimoravano i maschi.

 La storia o il mito delle Cleft viene raccontata da un anziano senatore dell’antica Roma, dedito allo studio di questa comunità e alla ricostruzione delle testimonianze, talvolta confuse e frammentarie, di chi visse quel passato remoto, lontano dal presente e dai più noti racconti mitologici.

Doris Lessing afferma il primato femminile nella creazione del genere umano: il primo uomo è stato generato da una donna, capace di vivere in armonia con le proprie simili senza il disordine ancestrale e la violenza primitiva dei maschi. Il primo incontro fisico tra uomo e donna è stato uno stupro e un assassinio, quello dei Monsters ai danni di una giovane Cleft che “non era abituata a provare panico o allarme; probabilmente non aveva mai urlato in vita sua, e si sentiva talmente sconvolta da non riuscire a reagire.”

Difficile accettare il cambiamento per le Cleft, soprattutto le più anziane, e dolorosa è la consapevolezza che, insieme alla fine della loro pacifica e forse un po’ noiosa esistenza, ha avuto termine anche l’epoca della loro più completa libertà.

 Le dinamiche “familiari” raccontate dall’autrice sono molto attuali: i conflitti tra la Cleft e il Monster, ci ricordano i classici e dolorosi litigi di coppia e i segni lasciati dallo scontro non sono, oggi, diversi da quelli che si verificavano in quella comunità primitiva.

Quelle stesse dinamiche, più o meno naturali, nei rapporti tra uomo e donna tornano a far scrivere Doris Lessing, che in questo romanzo del 2007 – a tratti molto duro – ci incanta con una storia decisamente d’altri tempi.

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A quante parti di noi siamo disposti a rinunciare per continuare a essere noi stessi? E soprattutto: dove abbiamo lasciato ciò che non ci siamo portati dietro? Quali case lo custodiscono in segreto o lo tengono in ostaggio? Per raccontare la vita di un uomo, l’unica possibilità è setacciare le sue case, cercare gli indizi di quel piccolo inevitabile crimine che è dire “io” sapendo che dietro c’è sempre qualche menzogna. Il libro delle case è la storia di un uomo – “che per convenzione chiameremo Io” –, le amicizie, il matrimonio nel suo rifugio e nelle sue ferite, la scoperta del sesso e della poesia, il distacco da una famiglia esperta in autodistruzione. La storia di Io salta di casa in casa, su e giù nel tempo, ciascuna è la tessera di un puzzle che si compone tra l’ultimo quarto del millennio e il primo degli anni zero: è giovane amante di una donna sposata in una casa di provincia, infante che insegue una tartaruga in un appartamento di Roma mentre dalla tv si rovesciano le immagini di Aldo Moro sequestrato e del corpo di Pasolini rinvenuto all’Idroscalo; è marito in una casa borghese di Torino, bohémien in una mansarda di Parigi e adulto in carriera in un albergo londinese; ragazzo preso a pugni dal padre in una casa di vacanza, e studente universitario buttato sopra un materasso; poi semplicemente un uomo, che si tira dietro la porta di una casa vuota. Costruito come una partita di Cluedo o un poliziesco esistenziale, Il libro delle case è un viaggio attraverso i cambiamenti degli ultimi cinquant’anni, nelle sue geografie, nelle sue architetture reali così come in quelle interiori, i luoghi da cui veniamo e quelli in cui stiamo vivendo, le palazzine di periferia degli anni sessanta, lo sparo che cambia il corso della storia, e il bacio rubato dietro una tenda. In un romanzo unico per costruzione, poesia e visionarietà, Bajani traccia il grande affresco di un’educazione sentimentale a metri quadri. La vita che succede è soprattutto la vita nelle stanze.

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Bajani Andrea