Narrativa

Il vino della solitudine

Némirovsky Irène

Descrizione: Alla vigilia della morte, stendendo l’elenco delle sue opere sul retro del quaderno di “Suite francese”, accanto al “Vino della solitudine” l’autrice scriveva: «Di Irène Némirovsky per Irène Némirovsky». Non sarà difficile, in effetti, riconoscere nella piccola Hélène – che all’inizio del romanzo siede a tavola dritta e composta per evitare gli aspri rimproveri della madre – la stessa Irène; e nella bella donna dall’aria annoiata – che a cena sfoglia le riviste di moda appena arrivate da Parigi in quella lontana provincia dell’Impero russo, che si occupa di sé e del giovane amante ignorando la figlia – quella Fanny Némirovsky, che ha fatto dell’infanzia di Irène un deserto senza amore. Hélène detesta la madre con tutte le sue forze («doveva baciare quel volto odioso ... posare la sua bocca su quella guancia che avrebbe voluto lacerare con le unghie»), al punto da sostituirne il nome, nelle preghiere serali, con quello dell’amata istitutrice («con una vaga speranza omicida»). Verrà un giorno, però, in cui la madre sarà vecchia, ed Hélène avrà diciott’anni: accadrà a Parigi, dove la famiglia si è stabilita dopo la guerra (che ha consentito al padre di accumulare un’immensa ricchezza) e la rivoluzione d’Ottobre (in cui hanno rischiato di perdere ogni cosa) e la fuga attraverso le vaste pianure gelate della Finlandia, durante la quale l’adolescente ha avuto per la prima volta «la consapevolezza del suo potere di donna». Sembra giunto il momento della vendetta: «Aspetta e vedrai! Ti farò piangere come tu hai fatto piangere me!». Ma quando Hélène scoprirà in sé lo stesso demone che abita la madre – quello «della civetteria, della crudeltà, del piacere di giocare con l’amore di un uomo» –, si allontanerà, scegliendo una vita diversa: «Sono sola, ma la mia solitudine è amara e inebriante». Se è vero che da un’infanzia infelice non si guarisce mai, pochi hanno saputo raccontare quell’infelicità come Irène Némirovsky.

Categoria: Narrativa

Editore: Adelphi

Collana: Biblioteca

Anno: 2011

ISBN: 9788845925665

Recensito da Elpis Bruno

Le Vostre recensioni

Il vino della solitudine” è un romanzo nel quale Irène Némirovsky materializza la sua tendenza a rappresentare rapporti famigliari difficili e conflittuali, spesso basati sull’ipocrisia.

Bella è una donna volubile, capricciosa, infedele. Pur essendo piacente d’aspetto, ha qualcosa che ricorda un’arpia (“Un’agile e spasmodica torsione che ricordò a Hélène il movimento dei serpenti ritti su una testa di Medusa…”). Ha sposato Boris per interesse (“Voi! Sposare un piccolo ebreo oscuro, vissuto Dio sa dove, di cui non si conosce neanche la famiglia!”), ha una figlia che non ama e che la ricambia (fin da piccola, Hélène nelle preghiere “sostituiva il nome di sua madre con quello di Mademoiselle Rose, con una vaga speranza omicida”).

Boris “sapeva che la moglie era corteggiata, che piaceva agli uomini… E lui l’amava…” Litigi e tradimenti sono all’ordine del giorno (“Karol partì e le serate tornarono a essere tranquille”). La personalità di Boris è recessiva (“Karol era interessato solo al denaro, al meccanismo del denaro, agli affari, e Hélène era una bambina innocente che stava in adorazione davanti a lui”) e immatura (“Ha una sola passione che gli divora lentamente l’anima: il gioco, alla borsa o a carte”). Frequenta “uomini d’affari febbrili, inquieti, dallo sguardo impaziente, le mani tese e avide come gli artigli” e ha “sempre tenuto gli occhi chiusi, rimosso la verità”.

In questo clima familiare, la figlia matura il proprio odio viscerale per la madre (“Nutriva nei confronti di sua madre un odio strano che sembrava crescere con lei; che, come l’amore, aveva mille ragioni e nessuna…”), che tradisce Boris con quello che oggi chiameremmo “toy-boy”: il nipote Max.
Naturale per Hélène invidiare gli altri nuclei familiari, patire le allusioni dei grandi e soffrire: “Le sembrava di percepire tutta la solitudine che c’era nel mondo; la camera diventava ostile e terrificante…”
“Nel suo petto il cuore era pesante e colmo di un dolore complicato, strano e indecifrabile.”
Per concludere: “Sarei meno infelice in collegio.”

L’infanzia di Hélène è in una cittadina sul Dnpr (“Il ricordo la rendeva più bella, le dava un fascino malinconico. Rievocavano, sognanti, l’aria limpida e gelata dell’autunno, le strade addormentate, il tubare dei colombi selvatici, l’antico parco dello Zar, sul fiume, gli isolotti verdi e i campanili d’oro dei conventi…”), con escursioni a Parigi e Nizza. L’adolescenza è a Pietroburgo (“Hélène la odiava già quella città sconosciuta; la guardava e si sentiva stringere il cuore come nell’imminenza di una disgrazia”). Poi la famiglia fugge in Finlandia (dove Hélène ha una relazione più giocosa che erotica con lo sposato Fred: “Proprio come a lei gli piacevano l’aria pura, il sole, le grida e i capitomboli sulla neve bagnata e soffice”) e ripara (“Il soffio della rivoluzione, e la conseguente, capricciosa diaspora di uomini e cose sulla superficie della terra, nel luglio del 1919 spinse i Karol ad approdare in Francia”) a Parigi (“Era l’epoca in cui la Borsa volava…” “Le donne… portavano un modello d’abito che si chiamava gosse de riches, che fasciava i fianchi e mostrava fino alle cosce le gambe vigorose”).

Presto l’idea della vendetta (“Eppure ho la vendetta a portata di mano”) si fa largo (“Vendicarmi! Ah, non posso rinunciarvi!”) perché “ogni giorno che passa toglie un’arma a te e ne aggiunge una a me” e perché “un’infanzia rovinata, quella non si perdona”.
Tra convinzioni dominate dall’astio (“Dammi retta, ragazzo, non si ama un uomo per se stesso, lo si ama contro un’altra donna”), attenuati complessi di colpa (“Ho passato la vita a combattere contro un sangue detestabile, ma questo sangue è anche in me”) e progressiva trasformazione del sentimento negativo (“guardando sua madre con un sentimento che non era più odio ma una sorta di orrore davanti a quel volto devastato, pesto, imbellettato…”), Hélène trova nell’orgoglio e nella determinazione la sua strada: “Sono sola, ma la mia solitudine è aspra e inebriante”.

Il vino della solitudine” è una tragedia moderna che riproduce una nuova declinazione di Medea; tra complessi edipici ed Erinni, affiorano drammatiche verità: il bisogno di sentirsi amati, il diritto ad avere un’infanzia felice, il ruolo tragico del protagonista, che è completamente solo nella lotta per la vita. Nello stile magico di un’autrice che incanta anche narrando gli orrori familiari di Hélène.

Bruno Elpis

...

Leggi tutto

LEGGI COMMENTI ( 1 commento )

Dal libro al film: Suite francese di Irène Nemirovsky – i-LIBRI

[…] una rassegna sull’autrice, noi rinviamo alle nostre recensioni a Il ballo, L’orchessa, Il vino della solitudine, Il malinteso (cliccate sul titolo per […]

Aggiungi un tuo commento

Scrivi la tua recensione

Devi effettuare il login per aggiungere un commento oppure registrati

Irène

Némirovsky

Libri dallo stesso autore

Intervista a Némirovsky Irène