Le città e gli scambi
III
Kublai Kan s’era accorto che le città di Marco Polo s’assomigliavano, come se il passaggio dall’una all’altra non implicasse un viaggio ma uno scambio d’elementi. Adesso, da ogni città che Marco gli descriveva, la mente del Gran Kan partiva per suo conto, e smontata la città pezzo per pezzo, la ricostruiva in un altro modo, sostituendo gli ingredienti, spostandoli, invertendoli.
Marco intanto continuava a riferire del suo viaggio, ma l’imperatore non lo stava più a sentire, lo interrompeva:
- D’ora in avanti sarò io a descrivere le città e tu verificherai se esistono e se sono come io le ho pensate. Comincerò a chiederti d’una città a scale, esposta a scirocco, su un golfo a mezza luna. Ora dirò qualcuna delle meraviglie che contiene: una vasca di vetro alta come un duomo per seguire il nuoto e il volo dei pesci–rondine e trarne auspici; una palma che con le foglie al vento suona l’arpa; una piazza con intorno una tavola di marmo a ferro di cavallo, con la tovaglia pure in marmo, imbandita con cibi e bevande tutti in marmo.
– Sire, eri distratto. Di questa città appunto ti stavo raccontando quando m’hai interrotto.
– La conosci? Dov’è? Qual è il suo nome?
– Non ha nome né luogo. Ti ripeto la ragione per cui la descrivevo: dal numero delle città immaginabili occorre escludere quelle i cui elementi si sommano senza un filo che li connetta, senza una regola interna, una prospettiva, un discorso. È delle città come dei sogni: tutto l’immaginabile può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio, oppure il suo rovescio, una paura. Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un’altra.
– Io non ho desideri né paure, – dichiarò il Kan, – e i miei sogni sono composti o dalla mente o dal caso.
– Anche le città credono di essere opera della mente o del caso, ma né l’una né l’altro bastano a tener su le loro mura. D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.
– O la domanda che ti pone obbligandoti a rispondere, come Tebe per bocca della Sfinge.
Il Gran Kan ha sognato una città: la descrive a Marco Polo:
– Il porto è esposto a settentrione, in ombra. Le banchi ne sono alte sull’acqua nera che sbatte contro le murate; vi scendono scale di pietra scivolose d’alghe. Barche spalmate di catrame aspettano all’ormeggio i partenti che s’attardano sulla calata a dire addio alle famiglie. I commiati si svolgono in silenzio ma con lacrime. Fa freddo; tutti portano scialli sulla testa. Un richiamo del barcaiolo tronca gli indugi; il viaggiatore si rannicchia a prua, s’allontana guardando verso il capannello dei rimasti; da riva già non si distinguono i lineamenti; c’è foschia; la barca accosta un bastimento all’ancora; sulla scaletta sale una figura rimpicciolita; sparisce; si sente alzare la catena arrugginita che raschia contro la cubia. I rimasti s’affacciano agli spalti sopra la scogliera del molo, per seguire con gli occhi la nave fino a che doppia il capo; agitano un’ultima volta un cencio bianco.
– Mettiti in viaggio, esplora tutte le coste e cerca questa città, – dice il Kan a Marco. – Poi torna a dirmi se il mio sogno risponde al vero.
- Perdonami, signore: non c’è dubbio che presto o tardi m’imbarcherò a quel molo, – dice Marco, – ma non tornerò a riferirtelo. La città esiste e ha un semplice segreto: conosce solo partenze e non ritorni.
LE CITTA’ E GLI SCAMBI
1. Eufemia
2. Cloe
3. Eutropia
4. Ersilia
5. Smeraldina
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