Leggere “Sotto falsa identità” è stata davvero una bella esperienza, tanto che ho deciso di contattare l’autrice, Caterina Falconi, per condividere con lei alcune considerazioni sul suo bel romanzo. La ringrazio della disponibilità e delle sue belle parole.
D – Come è nata l’idea del libro, trae ispirazione dalla vita vera o è frutto della tua fantasia?
R – Il libro affonda le radici nella mia storia personale, ma nasce dall’incastro di più trame, dalla fusione di almeno due racconti inediti. Il primo riguardava le famiglie disfunzionali, il secondo la condizione degli anziani. L’innesco l’ha dato un episodio che mi è capitato tempo fa, quando ho soccorso una vecchina caduta da un marciapiede. L’ho aiutata a rialzarsi, l’ho accompagnata in un negozio perché potesse sedere e le ho proposto di telefonare a un familiare… ma lei era terrorizzata all’idea che chiamassi il figlio con cui abitava. Viveva, in altre parole, reclusa nella casa di questo figlio, da cui era evasa per fare una passeggiata. Il tema della vecchiaia oppressa e predata è uno dei nuclei narrativi del romanzo.
D – La trama è quasi tutta al femminile: compaiono donne originali e interessanti, nel bene e nel male. Ho notato che ciascuna rappresenta un’età particolare, dall’infanzia alla giovinezza, alla vecchiaia. Si potrebbe affermare che sono il simbolo della femminilità a tutto tondo, delle varie fasi che ogni donna si trova ad affrontare e di fronte alle quali poi deve scegliere il suo percorso?
R – Forse sono anche il simbolo di varie tipologie femminili. Ma hai ragione tu: probabilmente ho voluto rappresentare le varie fasi della vita di una donna. E magari volevo dimostrare che ci si può riappropriare del proprio destino, uscire dalle prigionie cronicizzate dal tempo, a qualsiasi età. Tranne che nell’infanzia, perché allora si è consegnati agli adulti.
D – Sin dall’inizio io ho fatto il tifo per Marilena, ho sperato per tutto il tempo che trovasse il coraggio di prendere in mano la sua vita. Tu hai in qualche modo la tua “protagonista personale”?
R – Parti di me sono sparpagliate in tutti i personaggi. Ma è Reiko/Fiore che mi rappresenta, per alcuni vissuti, e per un tratto caratteriale, il coraggio di lottare fino alla fine in nome dei sentimenti.
D – Fiore è italo-giapponese e in fondo ha caratteristiche che la rendono sofferta ed originale, le sue considerazioni sulla vita e sulla morte ricordano un po’ la filosofia del suo paese di origine. Ci sono ispirazioni da quel mondo? Strano che alcune sue disillusioni facciano pensare ad autori come Haruki Murakami?
R – Haruki Murakami e Yukio Mishima aleggiano nelle pagine. Il romanzo è anche un omaggio a loro. Mishima rappresenta il suicidio, e la tentazione suicidaria è presente in tutto il libro. Murakami rappresenta la solitudine, e l’elemento onirico. La protagonista sogna molto, e nei sogni racconta la sua vita.
D – La tua scrittura è davvero piacevole, scorre d’un fiato. C’è un passo che porti nel cuore?
Forse questo: «Naturalmente Bruno sa tutto di me. La nostra confidenza si modula su una disparità nell’approccio per niente sgradevole. Lui domina, e io gli riverso addosso le confidenze più imbarazzanti. Le vedo infrangersi sulla sua composta virilità, senza che batta ciglio, e la sua ferma disapprovazione non mi umilia.»
R – Ė un passo che descrive l’amicizia di Reiko con il giudice Bruno Sassu. L’unica figura maschile, nel romanzo, di una certa bellezza. Sassu è l’amico che, immagino, tutte le donne vorrebbero. Fino a qualche tempo fa non avevo mai conosciuto nessuno che gli assomigliasse. E improvvisamente, come evocata, o presagita dal libro, nella mia vita è arrivata una persona che ha le stesse caratteristiche fisiche di Bruno, e mi ha aiutata a emanciparmi da una situazione di dolore. Lo racconto sempre. Questa è la magia della scrittura.
D – E per il futuro? Puoi svelarci qualche indiscrezione su futuri romanzi?
R – Sta per uscire un libro comico scritto assieme a Francesca Bonafini, scrittrice veronese di grande talento. Ci siamo molto divertite nella stesura, e pare che sia esilarante. Tutti i lettori delle case editrici che l’hanno valutato si sono complimentati dicendo che avevano riso molto. Ed è una cosa che ci riempie di soddisfazione.
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