Ciao Alessandro. Innanzitutto grazie per aver concesso questa intervista e benvenuto sul sito i-libri.com.
Ho letto il tuo libro e mi è piaciuto; immagino tu abbia avuto occasione di leggere molti articoli e recensioni del tuo primo romanzo. Che opinione ti sei fatto in generale? Credi di essere stato capito?
In linea generale è stato capito e accolto bene. Sicuramente è un libro che, piace o non piace, non lascia nessuno indifferente.
Mi hanno stupito in particolar modo le persone più anziane, che credevo potessero scandalizzarsi o criticarmi, invece hanno colto lo spirito del libro e lo hanno apprezzato con vivacità.
Per il resto va detto che, essendo un libro coraggioso e di rottura, è facile strumentalizzarlo o attaccarlo: ma questo è un aspetto decisamente relativo rispetto ai tanti lettori che hanno giudicato il libro in maniera positiva.
Come è stato accolto “Manuale del perfetto venditore di droga” a Napoli?
E‘ chiaro che a Napoli il libro trova terreno fertile e che un napoletano riesce più facilmente a riconoscere luoghi e situazioni.
Tuttavia, a prescindere dall’ambientazione principalmente partenopea, il libro cerca di riflettere una realtà – violenta, consumistica e di conseguenza criminale – ormai comune a tutte le periferie del mondo. Uno stato sociale e antropologico sempre più universale, che oggi sembra farla da padrone ad ogni latitudine.
Ti hanno chiesto in molti di parlare del tuo passato complicato e di fornire qualche riferimento biografico per comprendere se le vicende raccontate nel romanzo fossero esperienze personali; io sono molto curiosa di far luce su un altro aspetto: quando hai trovato il tempo e l’opportunità per imparare a scrivere così? Non prenderla come una provocazione, ma hai conosciuto altri ragazzi di quell’ambiente così inclini alla scrittura?
Ho sempre avuto un’inclinazione alla scrittura e alla creatività. Ma la scrittura necessita di una buona tecnica e di conoscenze specifiche. Queste doti le ho imparate quando ho deciso di cambiare vita e ho abbandonato il percorso criminale per diventare un pubblicitario. Lì mi sono formato come scrittore, fondendo le competenze ad una creatività e una fantasia innate.
A questo proposito rubo una riga di questa intervista per ringraziare Gabriele e Filippo, i miei due maestri di penna.
C’è una ragione particolare che ti ha spinto a non dare un nome al protagonista del romanzo?
Mi è venuta naturale come scelta. Credo che lo renda più universale e, forse, anche più simpatico.
Credi che si possa trarre qualche spunto dal tuo libro in chiave educativa o di indagine sociale? Erano questi gli obbiettivi che avevi presenti durante la stesura del libro, oppure per te si è trattato di un’esigenza assolutamente individuale?
E‘ un libro che fa luce su una realtà sociale sempre più presente nella società attuale, cannibalizzata dai consumi e dall’arricchimento ad ogni costo. Forse la visione interna lo rende “diversamente interessante” rispetto ai tanti saggi che trattano la materia da un punto vista esclusivamente esterno e da osservatori (seppur qualificati e competenti).
Oggi fai il pubblicitario: quanto sei cambiato come persona? Cosa credi che condizioni di più la strada di ciascuno di noi: le nostre scelte, il destino oppure il carattere, le nostre qualità?
Oggi sono una persona certamente diversa rispetto al passato. Ho conosciuto entrambe le realtà e ho scelto di essere un uomo onesto e alla ricerca di valori etici e morali. La nascita dei miei figli ha poi reso definitiva questa scelta. Tuttavia non mi sento assolutamente di giudicare i tanti ragazzi che continuano a credere in valori che io, oggi, considero sbagliati e senza futuro. Spesso sono giovani che non hanno gli strumenti necessari per scegliere una strada piuttosto che un’altra, e per loro gli unici punti di riferimento validi restano quelli criminali e violenti. Soprattutto in posti, come le sterminate periferie delle grandi città, dove lo stato ha gettato la spugna abbandonando migliaia di giovani alle culture mafiose, in troppi casi le uniche in grado di fornire un vero senso di appartenenza e una speranza di riscatto.
Farai leggere “Manuale del perfetto venditore di droga” ai tuoi figli un giorno? I tuoi genitori l’hanno letto?
Il mio è un libro che consiglio esclusivamente a persone adulte. Perciò, quando anche i miei figli saranno cresciuti, se vorranno leggerlo, perché no. Anche se, suppongo, tra vent’anni – ma magari anche molto prima – la letteratura potrebbe essere completamente cambiata e il mio libro, che oggi appare innovativo, potrebbe già appartenere ad una realtà che forse non sarà più la loro.
Quanto ai miei genitori, purtroppo mio padre è scomparso tempo fa mentre a mia madre, che si rifiuta di leggerlo, cerco di far capire che fondamentalmente si tratta di un’opera di narrativa.
Seppur fondata su una realtà che ho conosciuto e ho vissuto.
Hai nuovi progetti? Sono molto curiosa di leggere la tua prossima pubblicazione: vuoi anticipare qualcosa?
Sì, ho in cantiere un libro davvero esplosivo, dove si intrecciano situazioni e personaggi disparati che, per un caso della vita, si trovano a vivere una storia tutta ritmo e colpi di scena. Questa storia mette a nudo il lato più oscuro di tutti i protagonisti.
Potrebbe intitolarsi “polveriera” riferito alla società attuale ma anche alla polveriera che cova in ognuno di noi e può esplodere in ogni momento, magari a causa di un avvenimento non previsto.
Ovviamente spero in futuro di fare della scrittura la mia principale occupazione, il mezzo con il quale garantire serenità alla mia famiglia. In tal caso potrei dedicare alla penna ventiquattro ore al giorno. Per adesso non è ancora così e riesco a scrivere nel poco tempo libero che mi resta dal mio lavoro ufficiale.
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